Solo un’abbuffata potrebbe salvare il riso a tutto tondo

di Gianfranco Quaglia

Sarà una produzione “a tutto tondo” quella che si prospetta, fra poco meno di un mese, nelle risaie italiane. Ma nel caso specifico il tondo sta a significare il gruppo merceologico cui appartengono le varietà di riso destinate al mercato interno, in altre parole all’italianissimo risotto. Apparentemente una positività, in realtà le scelte dei risicoltori porranno qualche problema dal punto di vista commerciale. In sintesi: troppo tondo, prevedibili  difficoltà di collocamento, prezzi che potrebbero crollare per effetto di domanda debole.

Tutto il contrario di quanto si augurano le 4500 aziende risicole italiane, già messe in difficoltà dalla concorrenza senza sosta esercitata dal Sudest asiatico, che sforna in continuazione prodotto verso l’Europa senza pagare dazio. Per meglio comprendere la portata del fenomeno, basta dare uno sguardo ai numeri: nel 2015 la superficie destinata a risi tondi era di 56.946 ettari; nel 2016 i risicoltori ne hanno seminato 72.800, con un aumento del 27,84%. Il balzo ha contribuito a incrementare l’intera area coperta dal riso, che passa da 227 mila a 237 mila ha. Al contrario c’è stata una contrazione delle varietà appartenente all’Indica, chicchi lunghi e cristallini, apprezzate sui mercati europei per contorni e insalate. I produttori, anziché accogliere le richieste dell’industria che spinge addirittura per un raddoppio della superficie, hanno limato quella già esistente, riducendola da 35 a 33 mila ettari. Decisione dissennata? In realtà esiste più di una ragione alla base di queste scelte: i prezzi non remunerativi, l’Import massiccio di prodotto asiatico a tariffe nettamente concorrenziali, il pagamento del sostegno comunitario (aiuto accoppiato) non più previsto dal 2016. Tutti questi fattori hanno spinto gli agricoltori a puntare sulle varietà da mercato interno, nella speranza di un realizzo soddisfacente. E’ andata bene per varietà come il Carnaroli, ricercatissimo, non sempre per le altre. Tanto che nei magazzini, a fine agosto, ci sono ancora rimanenze significative, superiori alle scorse annate: circa 111 mila tonnellate, contro le 31 mila del 2015, le 76 mila del 2014 e le 79 mila del 2013. All’Ente Nazionale Riso,che monitora ogni settimana l’andamento dei principali mercati, non si nascondono le preoccupazioni: si teme che alle scorte già in essere possano aggiungersene altre, incrementate dai maggiori quantitativi di varietà destinate al mercato domestico. Soltanto un’abbuffata di risotto o un aumento considerevole di derivati destinati all’industria dolciaria e alla linea prima colazione potrebbero risolvere il problema. Sarà una campagna di combattere con intelligenza e lungimiranza, in un contesto difficile. Un altro motivo di tensione è rappresentato dalle voci insistenti secondo cui il Governo vorrebbe abolire le Borse risi (Vercelli, Novara, Mortara) per unificare le contrattazioni. Su questo punto controverso ancora nulla di ufficiale, tanto che l’Ente Nazionale Risi non ha preso alcuna posizione.

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