Se la nocciola è extracomunitaria

di Gianfranco Quaglia

Svegliati di notte con un languorino e colmarlo con un furtivo indice intinto nella Nutella. Un classico ricorso al quale per molti è stato difficile resistere. Ma ora, quel nettare degli dei made in Alba è stato messo sotto accusa: se l’ingrediente base, la nocciola, non è di provenienza nostrana, meglio rinunciare. Così l’invito di un noto politico italiano, ma dubitiamo che i nutelladipendenti possano seguirlo e ricredersi.

L’intervento, piuttosto, ha acceso i riflettori su un settore nel quale si combatte, appunto, a colpi di nocciola come fossero dollari. Perché il rilievo economico ha numeri a molte cifre. E proprio l’Italia, se in molti seguissero l’esempio della castità per non cadere in quella dolce tentazione notturna (e diurna), rischierebbe di rimanere stritolata. L’Italia, leader della produzione corilifera in Europa e ai primi posti nel mondo, non riesce a soddisfare il fabbisogno interno, malgrado i noccioleti siano in grande espansione: una nocciola su tre venduta nel mondo è utilizzata nella preparazione dei prodotti dalla Ferrero, dopo aver esaurito tutta la produzione italiana. 

E mentre si disserta sulla nocciola sovranista o extracomunitaria c’è una richiesta proveniente dalla Germania di concedere a Turchia e Azerbaigian di importare a dazio zero maggiori quantità di nocciole nella UE. “Sono due Paesi altamente concorrenziali con il prodotto italiano” denuncia Confagricoltura, che lancia l’allarme insieme con la Cia. A fronte di esportazioni per 105 milioni di euro ci sono già importazioni per 185 milioni. Una concessione come quella richiesta da Berlino vanificherebbe gli sforzi e la tendenza degli agricoltori italiani che si stanno orientando sull’aumento delle superfici.

 

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