Se il Vietnam insidia il riso made in Italy

di Gianfranco Quaglia

Ci mancava il Vietnam. E’ l’ultimo atto di un serie di incursioni che minacciano il nostro riso. Hanoi ha ratificato l’accordo di libero scambio con l’Unione Europea che dal primo agosto consentirà di esportare nell’Ue 80 mila tonnellate di riso esente da dazio: 30 mila di riso lavorato, 20 mila semigreggio, 30 mila di riso profumato. Gli operatori vietnamiti non prevedono un grande impatto sulle esportazioni a causa del volume considerato esiguo e anche perché – sempre secondo il loro parere – quel prodotto non soddisferebbe i requisiti di qualità dell’Ue. Ma se così fosse viene da chiedersi perché il governo vietnamita abbia insistito così tanto per arrivare a questo accordo. Non a caso i risicoltori europei hanno espresso preoccupazione per la minaccia che rappresenta per la produzione locale, in una fase in cui la tendenza agli arrivi di riso tipo japonica (quindi cereale analogo a quello coltivato in Italia) è esponenziale. Qualche numero: dal primo settembre 2019 al 7 giugno di quest’anno dal Myanmar le importazioni di riso semigreggio sono aumentate del 406 per cento; il lavorato del 99 per cento. 

Paolo Dellarole, presidente Coldiretti Vercelli e Biella con delega alla risicoltura: “E’ già cambiata la situazione per il mercato italiano rispetto al periodo del lockdown dove avevamo visto una corsa agli acquisti. Ora stiamo notando purtroppo anche un aumento delle importazioni, è sempre pià urgente valorizzare e tutelare il nostro riso anche attraverso l’etichettatura”.

Per fortuna c’è qualche nota positiva. Dopo la firma dell’accordo con Pechino le autorità fitosanitarie cinesi hanno trasmesso al nostro Ministero i documenti relativi al protocollo bilaterale per poter iniziare a esportare riso da risotto in Cina. Un passo significatico che potrebbe aprire un nuovo sbocco per i risicoltori italiani.

 

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