Riso e vino: due esempi italiani di ”big data”

Riso e vino: due esempi italiani di ”big data”

di Enrico Villa

risotto-barberaAnche per l’agroalimentare, bensì non solo per quello ma per tutta l’economia, negli ultimi due secoli l’evoluzione delle statistiche è stata incessante. Senza una rilevazione statistica continua e puntuale, lo sviluppo dell’agroalimentare era – e più che mai è – impossibile. Infatti, è attraverso il flusso dei dati che si stabiliscono le politiche strategiche, anche attuando un dialogo sempre più stretto con i consumatori. La scienza statistica è ormai andata al di là di muri che parevano consolidati per cui a Londra e negli Stati Uniti sta prendendo piede la sofisticata psycotech.
In alleanza fra di loro, gli operatori dei sondaggi, i nuovi specialisti chiamati data scientist e i consumatori interpellati consapevolmente definiscono comportamenti in grado di aumentare i consumi corroborando i fatturati. Secondo i dati pubblicati recentemente dagli analisti, che stanno inquadrando in modo diverso i big data ( i flussi smisurati di informazioni disponibili) nel comparto dei prodotti alimentari il volume della produttività aumenta globalmente del 20%, con un corrispettivo di valore di circa 2,8 miliardi di euro. Questa cifra – come altre – è il frutto dell’opera dei data scientist che interpretano e sintetizzano nel loro significato essenziale i dati statistici, nell’ultimo biennio – stando alla IBM e ad altri – aumentati del 90%. A metà agosto, riprendendo l’agenzia AGI, la sezione tecnologia del quotidiano La Stampa ha prospettato un calcolo interessante che rende l’ida di quanto starà sempre più accadendo. Ogni minuto al mondo si generano 1,7 miliardi di byte che corrispondono a 360.000 di DVD, fra l’altro sempre più integrati dalle chiavette elettroniche.
In questo contesto immenso, però fondamentale per l’apporto economico che ne viene, l’Assoenologi (presidente Riccardo Cotarella, direttore generale Giuseppe Martelli) e l’Ente Nazionale Risi (Presidente Paolo Carrà, direttore generale Roberto Magnaghi) rappresentano, ormai da anni, un esempio di scuola statistico e di dati certi indispensabili per valutare il peso economico dei rispettivi comparti. Nel 1984 per impulso di Giuseppe Martelli, novarese, fu strutturato in termini molto moderni, propri dei data scientist, il servizio statistico di Assoenologi. Sia per le produzioni italiane che per le esportazioni il polso del settore è “testato” in continuazione. Valga per tutte una constatazione di cui comprensibilmente Assoenologi è orgogliosa. Nella vendemmia 2013, le rilevazioni autonome di Assoenologi su una produzione di 50 milioni di ettolitri furono in anteprima sostanzialmente uguali a quelle statali e dell’Istat, discostandosi di un impercettibile 3,4%. I dati arrivati in anticipo hanno permesso, come del resto nei precedenti 29 anni agli operatori di avere, appunto, il polso del comparto e di elaborare le strategie conseguenti.
L’Ente Risi, che edita Il Risicoltore – come Assoenologi l’Enologo fondato da Arturo Marescalchi e da Antonio Carpenè nel 1893 e appena rinnovato nella struttura grafica – sette anni fa ha istituito la news letter settimanale diretta da Roberto Magnaghi, completa di ogni notizia risicola riguardante i mercati, gli andamenti europei e quelli internazionali comprese le quotazioni e i cambi valutari. Aggiornati al luglio scorso il servizio statistico dell’Ente Risi, ha anticipato i dati sulla campagna di coltivazione che si chiuderà fra 30/40 giorni. Nonostante le molte complicazioni del maltempo, in previsione la risaia italiana si attesterà su 219.650 ettari con un aumento del’1,68% rispetto all’anno scorso e con una forte flessione delle varietà di lunghi b. Anche questo sondaggio, il primo di una serie, offre la possibilità di incominciare a delineare una strategia di settore.
In ogni caso, i dati Assoenologi e Ente Risi si inseriscono validamente nel mercato dei big data che globalmente, secondo le stime autorevoli, già il prossimo anno raggiungerà un valore di 38,4 miliardi di dollari toccando nel 2017 il picco di 50 miliardi di dollari. Sarà ancora più il caso di attrezzarsi per tempo a proposito dei flussi di milioni di dati e di prendere come stimolo anche i due richiamati esempi statistici di scuola.

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