Riso al collasso con il Farm to Fork

di Gianfranco Quaglia

Il paradosso balza subito all’occhio: a fronte di prezzi di mercato mai così elevati, un documento di Copa-Cogeca (l’organizzazione europea che riunisce le cooperative) sottolinea che “senza una chiara e solida valutazione d’impatto tecnico-scientifica sugli obiettivi proposti, l’intero settore europeo del riso viene messo a rischio di collasso”.

Collasso? Giuseppe Ferraris, presidente del Gruppo Riso dell’organismo che ha sede a Bruxelles, ne è convinto. E rincara la dose. Non è questione di importazioni o di aumento dei costi produttivi. “No, non solo questi fattori. Le indicazioni della nuova Politica agricola comune, fortemente improntata alla difesa dell’ambiente, di fatto impedirà ai risicoltori di produrre. Secondo alcuni studi  sull’impatto socio-economico potremmo arrivare a perdere sino all’84%. Tutto ciò malgrado i risicoltori italiani e degli altri paesi europei produttori in questi anni abbiano limitato al massimo l’utilizzo dei diserbanti chimici, ricorrendo a tecniche naturali che consentono di sfruttare appieno tutte le potenzialità del cereale sino ai sottoprodotti. Insomma, la risaia europea è un esempio virtuoso di economia circolare”.

Ma tutto ciò non è bastato a convincere Bruxelles che il riso potesse essere escluso dalle limitazioni imposte dal “Farm to fork”, (dal campo alla tavola), lasciando agli agricoltori la possibilità di ricorrere a principi attivi (leggi prodotti fitosanitari) per la coltivazione e la difesa del cereale da attachi parassitari e malerbe. “Qui sta il punto. – prosegue Ferraris – Farm to fork intende ridurre quei prodotti del 50%, il che creerà una posizione di svantaggio sul mercato internazionale e una esposizione a una concorrenza sleale. I risicoltori statunitensi, ad esempio, potranno avvalersi di 11 sostanze in più rispetto agli agricoltori europei. E la differenza del numero di sostanze attive è altrettanto significativa quando si considerano i grandi competitor di riso quali il Vietnam (+10 sostanze), India (+9), Cina (+14). Non solo: noi disponiamo di principi attivi con azione preventiva, anziché curativa. Pertanto non abbiamo gli strumenti appropriati per trattare le colture di riso, ma solo prevenire possibili malattie”.

Indifesi e preoccupati, i risicoltori guardano a Bruxelles e invocano modifiche. Sullo sfondo, poi, c’è il pericolo importazione. Scaduto il termine previsto dalla clausola di salvaguardia che bloccava gli arrivi a dazio zero dal Sudest asiatico, ora scatta il “liberi tutti” per quei paesi, come Cambogia e Myanmar, che puntano al mercato europeo. Secondo il documento “Impatto economico cumulativo degli accordi commerciali sull’agricoltura dell’UE” il riso risulta tra i settori più minacciati dalla politica commerciale e dai relativi negoziati.

 

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