Quelle fake news che colpevolizzano gli allevatori

di Gianfranco Quaglia

Non è la prima volta che il mondo dell’allevamento viene messo sul banco degli imputati in quanto ritenuto responsabile dell’inquinamento nella pianura padana e in particolare colpevole di emissione della CO2. Da alcune settimane il comparto si sente colpevolizzato anche da Bruxelles, dove il Commissario allAagricoltura, Wojeciechowski, ha mosso critiche nei confronti degli allevamenti intensivi, non solo italiani. Le repliche non si sono fatte attendere. Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, che giudica quegli attacchi “immotivati e inappropriati” anche alla luce di accordi che l’UE sta ratificando con i Paesi del Mercosur (Agentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) in base ai quali si prevede un aumento delle improtazioni di carni bovine che soltanto dal Brasile ammonterebbero a 99 mila tonnellate. Tornando agli effetti che la zootecnia italiana (con un fatturato di 40 miliardi di euro e 270 mila imprese tra produzione e trasformazione) avrebbe sul clima, la Cia (Confederazione italiana agricoltori) ricorda che gli allevamenti arrivano a pesare appena il 5,2% sul totale delle emissioni CO2, di cui meno del 4% imputabile alle filiere della carne.  E tanti sono gli elementi che rendono la zootecnia sempre più sostenibile e in linea con il cosiddetto “From farm to fork” previsto dall’UE: la gestione degli allevamenti basata sul benessere animale, la riduzione dell’uso di antibiotici, i programmi di selezione genetica, l’alimentazione su misura e di precisione. “La sfida green – dice il presidente Dino Scanavino – la vogliamo giocare da protagonisti continuando a migliorare la sostenibilità e la qualità dei nostri allevamenti grazie alle nuove tecnologie, ma con una visione dell’agricoltura che tuteli l’ambiente senza penalizzare la produzione”.

 

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