Quando il riso muore nella birra

Quando il riso muore nella birra

di Enrico Villa

IMGP1681Un popolare detto di risaia, forse anche abusato, rammenta: “il riso nasce nell’acqua ma muore nel vino”. Però venerdì 5 settembre all’Open Day, per la seconda volta indetto dalla Sardo Piemontese Sementi alla Tenuta Castello di Sali Vercellese, alle porte di Vercelli, per l’occasione l’adagio popolare è stato modificato: non violando una regola antica, il buon riso può morire nella buona birra. Infatti al pranzo offerto agli intervenuti all’Open Day, calcolato in cinquecento fra cui bulgari, francesi, greci, portoghesi, russi, spagnoli, turchi, americani, a tavola il vino è stato sostituito dalla birra Venus, prodotta dalla Casa artigianale Hordeum di Novara. E in una delle storie senza molti confini locali di risaia la Venus è stata ricavata dal riso nero Venere selezionato negli anni Ottanta e Novanta dalla Sardo Piemontese Sementi, inserito nel 1997 nel registro italiano delle varietà di riso.
Quando 17 anni fa con una avveduta operazione di marketing il riso Venere fu presentato ai consumatori e alla gastronomia italiana e europea, questo tondo da risotti e timballi fu paragonato alla bellissima ballerina nera Josephine Baker che negli anni Trenta aveva spopolato a Parigi e in Italia. Con il Venere si ricordò che la Baker aveva ballato sui tavoli di redazione dei quotidiani torinesi Gazzetta del Popolo e La Stampa, in quegli anni al massimo della loro diffusione allora supportata da applicazioni tecnologiche che, come il Venere, apparivano straordinarie. Tuttavia per questa varietà di riso, il primo successo internazionale della SaPiSe, bisogna risalire più indietro: al cereale e alla mitologia cinese perché anche questo riso è di provenienza cinese e per l’agricoltura europea è stato uno dei primi avvicinamenti fra l’Occidente dei campi e il popolo di Mao Tze Dong. Il riso Venere è il frutto di un incrocio fra una varietà cinese e una varierà padana. Nel XIX Secolo era la varietà di cereale coltivata per l’imperatore. E come a suo tempo avrebbe raccontato lo storico Renzo Ciferri in una ormai introvabile pubblicazione dell’Ente Risi degli anni Cinquanta, tutti i risi dell’Occidente provengono dalla Cina. L’imperatore Kanh Hi (1662/1723 a.c.) notò che una varietà di riso a ridosso della Grande Muraglia era di maturazione precoce. Divenne il riso yu-mi, il riso dell’imperatore che si sarebbe diffuso nel mondo, anche alla latitudini meno favorevoli. Negli anni Ottanta/Novanta scorsi Gian Lorenzo Mezza, fino al 2008 direttore generale della SaPiSe, con viaggi in Cina prese contati con un ricercatore locale che portò in Italia. E che nel centro attrezzato della Sardo Piemontese sementi e sui suoi campi sperimentali di circa 1.300 ettari contribuì alla nascita del Venere, brevettato come anche la varietà Sirio della SaPiSe. Oggi il riso Venere ha una vera e propria filiera con oltre 120 aderenti associati. Di più: sulle origini orientali del riso e della sua storia, Lei Jun manager emergente dei telefonini, ha dato questo nome al suo smartphone: Xiaoni, piccolo riso, che in un solo chicco per la filosofia buddista “contiene una montagna”.
Anche l’altra storia internazionale di risaia riguarda la SaPiSe, cooperativa agricola con una decina di soci costituitasi nel 1978, che adesso produce e commercia in tutto il mondo seme di riso di grande qualità e che nel suo catalogo ha una trentina di varietà, ogm esenti, le quali nel tempo hanno richiesto molta applicazione scientifica nonché investimenti. Sicuramente, anticipando i modelli associativi adesso indicati dalla Pac, a metà degli anni Settanta ebbero l’intuizione della cooperativa SaPiSe Antonio Dellalore di Trino, frazione Robella, e Antonio Falchi di Oristano. Il primo iniziò la sua carriera professionale alla Sezione Marketing della Fiat e Antonio Falchi, grande conoscitore del Campidano, si sarebbe laureato in agronomia a Pavia. Entrambi aggregarono un piccolo gruppo di loro colleghi che credevano fermamente nella “cooperazione operativa”. Oggi presidente della SapiSe è Ottavio Mezza, presidente dell’Ovest Sesia dopo la presidenza di Giuseppe Caresana, presidente dell’Est Sesia di Novara. Direttore Generale è Massimo Biloni cui collabora Maurizio Tabacchi, entrambi di provenienza dal Centro Ricerca sul Riso di Castel d’Agogna. Il breeder, cioè il genetista che contribuisce a “inventare” le varietà SaPiSe che vanno per il mondo, è l’albanese Filip Haxhari. Con nomi di cultura globale o mitologica, le varietà che escono dai loro studi e dalle loro mani negli ultimi anni hanno lasciato spazio alla tecnologia agronomica Clearfield brevettata dalla multinazionale Basf. All’Open Day di Sali molta attenzione al metodo Clearfield e alle nuove varietà, quattro in grado di fronteggiare le nuove esigenze colturali.

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