Memoria&Futuro: don Bosco, quel Santo contadino e vignaiuolo

Memoria&Futuro: don Bosco, quel Santo contadino e vignaiuolo

di Salvatore Vullo

Per analogia con un detto calabrese su San Francesco da Paola, definito “Il più Santo tra i calabresi e il più calabrese tra i Santi”, potremmo definire San Giovanni Bosco “Il più Santo tra i piemontesi e il più piemontese tra i Santi”. Egli infatti rappresenta una delle figure più importanti e autorevoli nella schiera dei cosiddetti “Santi sociali”, che a Torino e in Piemonte, tra l’800 e il ‘900, trovò la sua massima espressione, assieme a Don Bosco, con grandiosi personaggi come San Giuseppe Benedetto Cottolengo, San Giuseppe Cafasso, San Leonardo Murialdo, San Giuseppe Marello, ed ancora, il Beato Giuseppe Allamano, il Beato Pier Giorgio Frassati, tutti impegnati, con la fede, a favore dei giovani abbandonati, dei poveri, degli ammalati indigenti, dei negletti; tutti costruttori di grandi opere di bene che resistono e crescono nel tempo.

San Giovanni Bosco, nasce nel 1815 a Castelnuovo d’Asti (poi diventata l’attuale Castelnuovo Don Bosco proprio in onore del Santo), nella borgata Becchi della frazione Morialdo. Fin da giovane ebbe chiara la sua scelta di vita e di fede, ovvero di diventare sacerdote e dedicarsi ai giovani poveri e abbandonati, raccogliendoli attorno a sé, aiutarli a sfamarsi e a insegnare loro un lavoro; una attività, questa, che iniziò a casa sua con l’aiuto della madre, poi a Torino, per irradiarsi, dopo aver fondato l’opera Salesiana, a livello nazionale e internazionale. Don Bosco visse a Torino fino alla sua morte che avvenne nel 1888.

La borgata Becchi, in cui Giovannino trascorse la sua infanzia, oggi è diventata il “Colle Don Bosco”, dove venne eretta la grande Basilica dedicata al Santo, che si aggiunse al vecchio complesso costituito dalla casetta in cui visse con mamma Margherita, dalla casa del fratello Giuseppe, dal Museo della vita contadina dell’Ottocento. Il Colle Don Bosco costituisce uno dei luoghi più importanti della fede religiosa Cristiana, dove arrivano milioni di pellegrini, devoti e visitatori, provenienti da ogni parte del mondo.

Nel museo della vita contadina sono anche esposti strumenti e attrezzi vitivinicoli. Del resto, il Colle Don Bosco, era e resta in un territorio a forte vocazione vitivinicola, nel cuore di quel Monferrato Astigiano che oggi produce eccellenti vini come il Barbera d’Asti DOCG, il Freisa d’Asti DOC, la Malvasia di Castelnuovo Don Bosco DOC, l’Albugnano DOC. Appare chiaro, dunque, che San Giovanni Bosco nacque e visse la sua infanzia e giovinezza in questa realtà agricola e vitivinicola; la sua era una famiglia contadina e lui aiutava il papà Francesco nei lavori nei campi e nella vigna di famiglia ai Becchi; fu poi costretto a soli 12 anni (destino comune di tantissimi giovani di famiglie povere) a cercare lavoro come garzone nelle cascine attorno, tra Moriondo e Moncucco, e che trovò, dopo vani tentativi, presso la Cascina Moglia di Moncucco, dove visse e lavorò tre anni, accudendo i buoi e le vacche e aiutando nei lavori della vigna. Tutto questo per dire che, nella storia e nella memoria, risulta evidente il rapporto tra San Giovanni Bosco e il lavoro nei campi e nella vigna e della sua conoscenza di relativi temi e tecniche che trattò anche in diverse pubblicazioni. Ma tutto questo venne reso esplicito e approfondito in un convegno pubblico del 15 Marzo 2009, organizzato da Paolo Massobrio, nell’ambito della sua “Golosaria”, famosa rassegna enogastronomica, itinerante e che in quella edizione si svolse proprio al Colle Don Bosco; nel convegno vennero fuori altre notizie importanti che ampliarono le dimensioni del rapporto tra Don Bosco, la terra e il vino, Per esempio che nella biografia del Santo si parla di un suo libretto “L’enologo italiano”: un piccolo trattato divulgativo, pare scritto verso la fine del 1844, che spiega con semplicità i modi e le tecniche per la coltivazione della vite, per tenere in buone condizioni la cantina, la preparazione di botti e tini e come produrre il vino. Su tale temi vennero fuori altre testimonianze di vecchi vitivinicoltori della zona di Chieri, e citazioni di suoi scritti pubblicati sul “Galantuomo”, editato nella collana mensile “Le letture cattoliche”. Inoltre, nelle vigne del Monferrato, Don Bosco portò spesso i suoi ragazzi a vendemmiare e a festeggiare la Madonna del Rosario. Insomma, queste e tante altre notizie e testimonianze, che portarono i partecipanti al convegno, oltre un centinaio tra sindaci, amministratori, produttori, astigiani e piemontesi, a chiedere che San Giovanni Bosco venisse riconosciuto come Patrono dei vignaioli italiani.

Dalla scelta di vita e di fede di Giovanni Bosco di dedicarsi ai giovani, raccoglierli attorno a sé, sfamarli e insegnare loro un lavoro, possiamo affermare che Giovanni Bosco fu l’inventore, o uno dei massimi precursori, di quella materia che diventerà la Formazione professionale. Inoltre, possiamo aggiungere che, visto che in quegli anni l’occupazione principale era quella agricola, tale settore non poteva che essere primo e preponderante nella formazione al lavoro dei giovani di Don Bosco; e sul lavoro in agricoltura, come abbiamo visto, Don Bosco si era fatto anche una diretta e personale esperienza.

Tutti questi elementi vennero ripresi e rilanciati qualche tempo dopo e rilanciati in occasione del bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco, che ricorreva nel 2015. Ne fu promotore la Regione Piemonte, in due grandi eventi internazionali del settore agroalimentare e vitivinicolo.

Il primo, nell’ottobre del 2014, nell’ambito del Salone del Gusto-Terra Madre di Torino, con un incontro da titolo “Omaggio a San Giovanni Bosco nel bicentenario della nascita (1815- 2015)”, con l’intervento di Don Egidio Deiana, Rettore della Basilica di Colle Don Bosco, che presenta il programma delle celebrazioni per il bicentenario del 2015; segue Paolo Massobrio che interviene sul tema “Don Bosco, il Santo contadino e vignaiolo”; infine una conversazione sul tema “L’agricoltura, i giovani, la scuola”, tra Don Genesio Tarasco, direttore delle scuole Salesiane di Lombriasco (TO) e Giorgio Ferrero, assessore all’agricoltura della Regione Piemonte. Qui, don Genesio, tra l’altro, ricorda che Don Bosco, dopo la fondazione dell’Opera Salesiana e la sua diffusione nel mondo, propose la creazione delle “Colonie agricole” “Per coltivare le campagne e per esercitare la pastorizia”, che erano dei Centri di Istruzione Agricola. E al 4° congresso internazionale per l’insegnamento agrario, celebrato a Roma nel 1932, parteciparono ben 39 “Colonie agricole” Salesiane, appartenenti a 19 nazioni, tra cui quelle italiane di Canelli, Corigliano d’Otranto, Cumiana, Lombriasco, Montechiarugolo, Roma Mandrione. Queste Colonie agricole, col progredire delle scienze e della tecnica agronomica, diventarono delle vere e proprie, ed apprezzate, Scuole Agrarie, distinte in quattro gradi: La Scuola Elementare Agricola, La Scuola Agricola d’Avviamento, La Scuola Tecnica Agraria o Corso Medio, l’Istituto Agrario o Corso Superiore. In tale opera, l’impegno dei Salesiani continua all’insegna di quanto diceva Don Bosco: ” … L’agricoltura deve essere reputata la prima di tutte le arti, come quella che procura il nutrimento agli uomini e contribuisce assai a renderli robusti e onesti …”. In relazione a ciò, l’assessore Giorgio Ferrero ha rilevato che in questi anni di crisi economica il settore agricolo ha retto bene sul fronte del reddito e della occupazione giovanile; infatti, si sono stratificati fenomeni importanti, quali la tendenza, come scelta consapevole e di vita, di tanti uomini e donne, anche diplomati o laureati, e soprattutto giovani, di dedicarsi all’agricoltura come attività e come lavoro. Una tendenza e un processo che riconoscono finalmente all’agricoltura il giusto valore, la dignità che le spettano, e la giusta considerazione nella scala sociale. Infatti nelle aziende agricole piemontesi c’è stato un forte ricambio generazionale, con l’ingresso di migliaia di giovani anche alla guida aziendale, dimostrata dalla conseguente crescita degli investimenti in nuove tecnologie e in attività complementari alla produzione, come l’agriturismo, l’attività di fattoria didattica, l’agricoltura sociale, ecc.

Il secondo appuntamento si svolse il 23 Marzo 2015 al Vinitaly di Verona, nell’area espositiva della Regione Piemonte, con l’incontro pubblico dal titolo “Omaggio a San Giovanni Bosco, il Santo Contadino e Vignaiolo, nel bicentenario della nascita (1815-2015); vi presero parte: Don Egidio Deiana, Rettore Basilica di Colle Don Bosco, Giorgio Ferrero, assessore agricoltura Regione Piemonte, Mario Fregoni, professore emerito di Viticoltura alla Università Cattolica di Piacenza, e Giuseppe Fassino, storico assessore all’agricoltura della Provincia di Asti e fondatore della Bottega del Vino di Moncucco, che è uno dei principali promotori della nomina di San Giovanni Bosco a patrono dei vignaioli e che ne sta seguendo l’evoluzione. Una nuova, autorevole riproposizione della vita di San Giovanni Bosco e dei suoi legami con la vite e il vino, in particolare quelle citate dal professor Fregoni, tra cui la notizia sul professore Pier Giovanni Garoglio che nella sua Enciclopedia vitivinicola mondiale, che curò nel 1973, inserì la proposta di riconoscere San Giovanni Bosco patrono degli enologi. E per finire, restando in tema, la presentazione delle bottiglie di Malvasia di Castelnuovo Don Bosco DOC, selezionate dalle uve della “Vigna Moglia”, prodotte dalla Cantina “Terre dei Santi” di Castelnuovo Don Bosco. Con un corale brindisi a San Giovanni Bosco, grandioso Santo piemontese contadino e vignaiolo

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