Mela Rossa di Cuneo Igp, eredità che ci arriva da Carlo Alberto

Mela Rossa di Cuneo Igp, eredità che ci arriva da Carlo Alberto

di Enrico Villa

A Rimini, dall’8 al 10 maggio si svolgerà Macfrut. E come è già stato presentato al Castello di Lagnasco (Cuneo) il 26 novembre scorso, uno dei simboli prescelti per la importante rassegna riminese sarà la Mela Rossa di Cuneo IGP. Il frutto preferito dai buongustai del genere e che si sta facendo strada sul mercato europeo come altrettante varietà di mele, è figlio di altre quattro mele: la Red Delicious, la Gala, la Fuji e la Braeburg. Questo risultato ottenuto nei decenni passati è la conferma che la Natura dà buoni risultati sulle strade degli ibridi o dei prodotti vegetali nuovi ottenuti dalla fantasia dei genetisti e degli agricoltori.

Le radici storiche della Mela Rossa di Cuneo, simbolo della prossima Macfrut, sono anche il risultato delle ricerche genetiche sistematicamente fatte dalla Università della alimentazione che ha trovato sede nel castello di Pollenzo, secondo la filosofia di Carlo Petrini: quello che abbiamo oggi nei prodotti agricoli di eccellenza è anche la conseguenza della memoria storica di cui sempre dobbiamo tenere conto, che si stratifica sulla attualità. Molte istituzioni nazionali di rango hanno tenuto conto di questa stessa filosofia che hanno considerato un investimento, sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo della formazione. Infatti dalla Università di Pollenzo escono giovani i quali con la loro preparazione tecnico/scientifica hanno trasformato l’alimentazione e la gastronomia in cultura, andando ben oltre la concezione futurista degli anni Trenta, rilevata nella bibliografia, che per il riso, la pasta, il pane, le verdure orticole, la frutta puntavano su un esclusivo obbiettivo: aumentare le produzioni e sognando l’autarchia, tuttavia svincolandosi dalle basse produzioni contro la sottonutrizione.

Nei primi decenni dell’Ottocento questo era l’atteggiamento di Carlo Alberto di Savoia che destinò per le prime ricerche e i primi esperienti di coltivazione il Castello quadrangolare di Pollenzo a quatto passi da Bra. Dopo circa un secolo e mezzo Carlo Petrini fondatore di Slow Food riprese il messaggio di Carlo Alberto, fra l’altro promulgatore della Costituzione savoiarda che per prima accettava il principio dell’individualità personale, essenziale componente del popolo. Su queste basi, nel frattempo evolute con il contributo formativo delle organizzazioni agricole italiane che con corsi e master anche stanno ben delineando il neuromarketing (ndr: vendere, tenendo conto della mentalità e della cultura corrente del consumatore) si sono in parte basati i piani di studio della Università di Pollenzo. E la cattedra di Storia Medioevale sta ricomponendo quella memoria che è cultura cui nei suoi scritti e nei suoi discorsi allude Carlo Petrini.

Fra queste memorie, appunto, la Mela Rossa di Cuneo GP. Le sue tracce risalgono al Settecento nei periodi della prima intuizione di Carlo Alberto e, prima ancora il 24 maggio 1785 data della fondazione della Accademia di Agricoltura di Torino, istituita da un rescritto di Vittorio Amedeo III di Savoia. Però il rilancio di questo frutto pregevole risale agli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, così come in diverse aree adatte per il terreno del Cuneese e del Torinese. Poi finalmente con la firma del commissario all’agricoltura, il rumeno Dacias Ciolos, il 6 marzo 2013 fu varato ufficialmente il regolamento per la Mela Rossa di Cuneo IGP.E questa mela, che riguarda 6ooo ettari, sta diventando una delle perle del tesoro verde piemontese, molto vario non perdendo di vista i territori produttivi. Infatti l’area pedemontana bagnata dai fiumi e dai torrenti fra cui il Po e la Dora che scendono dalle Alpi Occidentali, è produttivamente suddivisa in due: i centomila ettari di risaia nelle province di Vercelli, Novara, Alessandria, Torino che recentemente l’Unione Europea ha riammesso al sostegno daziario rispetto al riso sleale proveniente dall’Asia; e la zona assai vasta delle province di Cuneo, Asti, Alessandria dalla quale ogni anno provengono 5 milioni di quintali per lo più di frutta fresca per un valore dell’export di circa 500 milioni di euro. A questi, stando ai dati elaborati dall’Ismea , si aggiungono i circa 200.000 ettari di coltivazione di ortaggi in pieno campo sommati a circa 27.000 ettari in serra. Ultimamente anche per l’embargo deliberato dalla UE nei confronti della Federazione Russa, forte cliente piemontese, le superfici rispetto agli anni precedenti sono diminuite di circa il 2,2/2,8 % e così gli indici produttivi. Inoltre, avendo come riferimento la torta statistica dell’Ismea sul tesoro verde piemontese hanno inciso i consumi, che calcolati su un campione di 9000 famiglie, si sono attestati sui 3 kilogrammi per gli ortaggi e i 4,3 chilogrammi per la frutta, Mela Rossia di Cuneo IGP e kiwi in primo luogo.

Nonostante le flessioni denunciate e che danno preoccupazione agli agricoltori, la memoria storica sulle specie vegetali produttive piemontesi non solo non si è interrotta ma è stata rilanciata anche con il contributo di marche della grande distribuzione. I generi più popolari si stanno riproponendo addirittura in dialetto per la loro identificazione popolare. Così è per l’aglio di Voghera, i pomodori da insalata, gli asparagi, il radicchio, il cardo gobbo del Monferrato, arrivato secoli fa dall’Egitto e fondamentale per la bagna cauda insuperabilmente piemontese.

melarossa

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