Martelli: Cina, un mercato da costruire per il vino italiano

Martelli: Cina, un mercato da costruire per il vino italiano

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di Gianfranco Quaglia

Per Giuseppe Martelli, novarese, direttore di Assoenologi e presidente del Comitato vini del Minsitero delle Politiche Agricole, la Cina rappresenta un mercato immensa ma più da costruyire che da conquistare. Questa la conclusione cui è giunto dopo un ampio giro d’orizzonte e una missione da lui compiuta nella <terra del Dragone>. <le nostre vendite sono in crescita – dice – attualmente si collocano al quinto posto, dopo Francia, Australia, Cile e Spagna. Diverso il discorso per le bollicine (frizzanti e spuma nti) dove l’Italia continua a ncrementare le sue performance tanto da raggiungere nel 2013 un valore di esportazioni pari a 14,3 milioni di dollari. Le nostre bottiglie nel 2013 sono state incrementate del 61,5% in valore rispetto al 2012. Per quanto riguarda i i vini spumanti e frizzanti, sono secondi dopo la Francia>.

Perché il mercato è da costruire?

<Il mercato è immenso, ma assai difficile per tanti motivi. Le ultime statistiche dicono che la Cina ha poco meno di 1,4 miliardi di abitanti. Il reddito medio per abitante oggi dovrebbe aggirarsi intorno ai 3.000 dollari/anno (circa 2.400 euro), ma la sua distribuzione è alquanto eterogenea.Un livello che, detto così, escluderebbe buona parte del mercato, visto che una bottiglia di vino importato costa mediamente intorno ai 25 dollari Usa. Ma, come sempre, le medie non vanno generalizzate. Secondo l’Ufficio nazionale di statistica in Cina una prima differenza di reddito si constata tra la popolazione delle campagne (1.500 USD) e delle città (4.500 USD), ed in quest’ultima fascia spicca quella delle province costiere (con oltre 500 milioni di abitanti) che ha un reddito annuo di 5.000 dollari Usa, quasi il triplo della media nazionale. In questo contesto il reddito annuo più alto è a Shanghai con 8.000 dollari (nel 2000, 2.000 dollari), seguito da Pechino con 7.000 dollari (nel 2000, 1.000 dollari.Da un lato quindi il potere d’acquisto dei consumatori appare sempre più promettente, dall’altro l’evoluzione del mercato appare strettamente legata all’evoluzione del consumatore stesso, ancora caratterizzata dalla assai scarsa cultura del bere, aggravata da prezzi elevati>.

La produzione interna in quale misura incide sui consumi?

<La produzione di uva in Cina risale al quinto secolo dopo Cristo, mentre quello di vino alla dinastia Tang (sesto secolo). L’industria del vino ha invece origine nel 1892 con la fondazione, nella provincia dello Shandong, della “Changyu Grape Wine Corporation” che, con una produzione odierna di ca. 700.000 ettolitri di vino d’uva, rappresenta ancor oggi il più grande produttore di vino in Cina.Come si può immaginare, per un paese enorme come quello cinese, distribuito su quasi dieci milioni di chilometri quadrati e con una vitienologia che solo dagli anni Novanta si sta organizzando in modo razionale, non è facile avere dati precisi. Confrontando i dati in mio possesso ipotizzo che oggi la superficie vitata è intorno ai 570.000 ettari (nel 2000 erano 250.000) e la produzione di vino, che alla fine degli anni Novanta era di 5 milioni di ettolitri, abbia ormai quasi raggiunto i 14 milioni, con un ulteriore incremento previsto nei prossimi anni, anche in considerazione dell’entrata in produzione di diversi consistenti nuovi impianti operanti con sistemi e pratiche intensive, anche se in un quadro piuttosto deregolamentato>.

Lo sviluppo del settore è merito del governo o dei privati?

<Un esempio recente è quello del Ningxia, una nuova zona viticola, dal 2006 in forte espansione, con oltre 60 cantine già operanti e altrettante in costruzione. Nelle sue contee vi sono oggi già 90.000 ettari di vigneto con piani di forti ampliamenti.Numeri che mettono in luce come il governo cinese ha voluto, in tempi brevi, incentivare l’incremento di ogni bene e prodotto in tutto il Paese.Per rendere l’idea della dinamicità e della rapidità che da anni caratterizzano l’evoluzione in questo immenso Paese porterò un semplice esempio. Sono stato per la prima volta in Cina nel settembre 1999 e sono atterrato all’aeroporto di Pechino: obsoleto, caotico, irrazionale. Sono ritornato nel novembre 2000 e pensavo di essere arrivato in un altro scalo: in un anno l’aeroporto è stato completamente ristrutturato e si presentava più “americano” degli scali americani. In dieci anni interi vecchi quartieri sono stati rasi al suolo e ricostruiti, irriconoscibili oggi.Nel 2000 la produzione vitivinicola risultava alquanto frammentata e concentrata, con poche cantine di un certo rilievo e quasi tutte operanti in collaborazione con entità straniere. Oggi alle grandi entità para-statali si sono affiancate numerose realtà piccole e medie che puntano a prodotti di qualità e operano sempre più con tecnologie moderne sia in cantina che in vigneto>.

Qual è Il profilo del consumatore cinese?

<La Cina ha un miliardo e quattrocentomilioni di abitanti. Si calcola che il numero dei consumatori abituali di vino superi i 10 milioni, e quasi il doppio sono i consumatori occasionali; tuttavia le stime prevedono che queste cifre aumenteranno sensibilmente nei prossimi anni. Il consumo pro-capite nazionale di vino è di circa un litro all’anno, a fronte di una media mondiale di 4,5 litri. In questo contesto non sono però riuscito a capire se si tratta di solo vino d’uva (non lo ritengo) o di “vino” ottenuto da fermentazioni di cereali, frutta eccetera. Sta comunque di fatto che il consumatore tipo di vino di qualità, secondo un recente studio, ha il seguente profilo: reddito medio-alto; età 30-45 anni; alto livello di scolarizzazione; frequenti viaggi all’estero; vive in grandi città; consuma al ristorante, in hotel, al bar; considera il vino uno status-symbol; sceglie in base al brand, al prezzo e all’origine>. 

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