L’agricoltura sociale che fa bene all’Italia

di Gianfranco Quaglia

I numeri parlano da soli: oltre 9 mila aziende, 40 mila persone coinvolte, valore un miliardo di euro, di cui 600 milioni in prodotti e 400 in servizi. Questa la fotografia del rapporto “La vera agricoltura sociale fa bene all’Italia”, presentato da Coldiretti al Circolo dei Lettori di Torino da Coldiretti. Un volto del mondo dei campi ancora poco conosciuto e non sufficientemente considerato, ma già incardinato nel dna di molti agricoltori, come ha ricordato Carmelo Troccoli, direttore della Fondazione Campagna Amica.  In quelle fattorie il cibo non è soltanto sano, ma anche “civile” perché frutto di inclusione e coinvolgimento di persone con disabilità, fragilità, provenienti da esperienze traumatiche. Non solo migranti o emarginati, ma giovani e anziani che al contatto con la natura e il lavoro dei campi acquistano maggiore indipendenza e dignità. Il percorso terapeutico può essere un filare di vigna, una stalla, la manualità e la cura degli animali. Passo dopo passo il cammino porta a risultati sorprendenti verso il reinserimento nella società. La maggior parte delle esperienze legate a questo nuovo modello di welfare si concentrano al Nord con il 52,4%.  L’emergenza Covid – come sottolinea Roberto Moncalvo presidente Coldiretti Piemonte – ha accelerato questi percorsi. E chi ha problemi di di disagio al contatto con il lavoro nelle fattorie ha ridotto drasticamente l’assunzione di psicofarmaci.

 

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