La trincea delle donne che nella Grande Guerra salvarono l’agricoltura

La trincea delle donne che nella Grande Guerra salvarono l’agricoltura

di Gianfranco Quaglia

Contadine al lavoro nei campiAppena il tempo di osservare, stupefatto, la fuga di tetti sulla città. E di esclamare: «Quanti ca’» (quante case). Come nell’Albero degli Zoccoli di Ermanno Olmi. Poi uno sguardo e un sorriso alla giovane sposa, dopo la prima notte passata in viaggio di nozze a Milano nella soffitta concessa dalla zia. Non sapeva che sarebbe stata anche l’ultima. A casa, nella Bassa novarese, ad aspettare il contadino c’era già la cartolina precetto. Partì per il fronte ai primi di maggio, non vide mai il figlio che nacque dal quel matrimonio durato un giorno. Ma la sua Carolina, vedova a vent’anni, dovette allevarlo e soprattutto mandare avanti la piccola azienda agricola, dieci pertiche di riso, mais, cinque mucche da governare.
Storie della Grande Guerra, che affiorano a distanza di un secolo e ci svelano un altro volto: quelle delle donne contadine diventate grandi in fretta, imprenditrici e antesignane dell’emancipazione. Senza di loro, per oltre tre anni l’agricoltura italiana si sarebbe fermata, i campi abbandonati a se stessi e non ci sarebbe stata la garanzia della prosecuzione del settore. Alcune, dopo un periodo di addestramento, entrarono in campo, nel senso più realistico del termine, a sostituire le braccia di padri, mariti, fratelli, strappate dalla guerra all’agricoltura: in tutta Italia la manodopera femminile passò da 23 mila a 200 mila. Altre migliaia si improvvisarono conduttrici e titolari d’azienda. Tutte protagoniste di un’impresa straordinaria, mai abbastanza sottolineata. Un altro grande film uscito in questi giorni, «Torneranno i prati», sempre di Ermanno Olmi, ci racconta dell’orrore di quella guerra e delle speranze di chi era in trincea. Ma pochi sono i tributi postumi riservati al ruolo femminile di quegli anni. Il sacrificio delle donne fu enorme ed è in parte sconosciuto: basti pensare che il lavoro dei campi, proprio perché era svolto dalla donna, veniva sottopagato. E che nel Milanese e nel Novarese furono le donne a scendere in piazza per protestare, dando vita ai primi segni di emancipazione che avrebbero portato a conquiste sociali. Ma, finita la Grande Guerra, neppure un grazie. Spose, figlie, madri, furono richiamate al loro dovere, quello di figura del focolare.
Un secolo dopo qualcuno si accorge che la donna ora potrebbe aspirare anche al Quirinale. Forse aveva i numeri anche allora. Ma questa è un’altra storia.

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