La “Top story” della risaia

Di Gianfranco Quaglia

Doveva essere un ripiego, un giro virtuale per non azzerare le Giornate di Primavera del Fai (Fondo Ambiente Italiano), programmate nel cuore del “Lockdown” imposto dalla pandemia sanitaria. Si è rivelato un successo, la conferma con decine di migliaia di visualizzazioni. L’idea, chiamiamola “Farm tour delle risaie”, è nata nel Novarese, obiettivo riscoprire e valorizzare quei cascinali presidio di coltura e cultura risicola. Trasferita dalla primavera al all’estate (mese di luglio), la “due giorni” classica del Fai si è trasformata in un viaggio scandito da sei tappe. Il percorso, ripreso e pubblicato sul canale Youtube della Provincia di Novara sotto l’hashtag #Laculturanonsiferma, è diventato un racconto, un documento visivo e sonoro condotto da Alessia Barbaglia che di volta in volta ha interloquito con ospiti e proprietari di tenute agricole storiche. La risaia “Top story”, notizia copertina sul digitale, rivelando aspetti insoliti, figure sconosciute o celebri. Così alla “Marangana” di Biandrate, il cascinale della famiglia Bertolone, ma anche l’eremo scelto da Sebastiano Vassalli, di cui ha parlato la vedova Paola Todeschino. E alla “Graziosa” di Casalino la famiglia Sempio rievoca la storia di una tenuta diventata set del film “La risaia” con Elsa Martinelli. Alla “Grampa” di San Pietro Mosezzo, il fascino della ruota ritrutturata dall’ingegner Giovanni Testa, una delle poche “piste” ancora esistenti per la sbramatura del riso. Alla “Mondina” di Casalbeltrame, invece, Cristina Brizzolari parla della sua sfida: partita da Roma, reinventata risaiola di successo nel Novarese. E sempre in questo paese, una visita a “Materima”, cenacolo e museo nato dalle antiche stalle che ospitano stabilmente opere di Manzù, Pomodoro, Guttuso e altri maestri del ‘900. Sono cinque le generazioni che si sono avvicendate alla “Canova” di San Pietro Mosezzo (dove la famiglia Sguazzini-Rosso) conduce con passione questa bella tenuta che ci parla del passato e guarda al futuro: l’anno prossimo compirà un secolo, l’edificio è stato oggetto di un restauro conservativo che ha salvato i simboli, tra cui la torretta con la campana che scandiva i ritmi del lavoro nei campi. 

You must be logged in to post a comment Login