“La risaia non si salva solo con gli aiuti Pac”

“La risaia non si salva solo con gli aiuti Pac”

 

 

 

 

fotogallery a cura di Marcello Leonardi


di Gianfranco Quaglia

Il coraggio di vedere oltre. Di gettare lo sguardo al di là delle scadenze e dei problemi che sembrano pesare come macigni sul settore. Questo il senso del convegno «La risicoltura italiana oltre la Pac», verso un’impresa agricola competitiva redditizia e sostenibile» organizzato dal Dipartimento di studi per l’economia e l’impresa dell’Università del Piemonte orientale con «Agrinsieme». Come dire: non serve piangersi addosso, occorre mettere in atto e in rete ogni potenzialità per promuovere il riso made in Italy. Il messaggio è arrivato forte e chiaro, con il «grido di dolore» di un comparto strategico che ha fatto sentire la sua voce dall’aula magna della Facoltà di Economia a Novara, presenti gli Stati Generali della risicoltura italiana in un confronto a tutto campo con esponenti dell’Università e del Governo, a cominciare dal viceministro delle Politiche Agricole, Andrea Olivero.
L’«input» arriva dal mondo accademico che mette a disposizione della risicoltura italiana il suo «know how» con una iniziativa innovativa, un «Foodlink» di prossima attuazione. Il direttore del Dipartimento Studi e Impresa, Eliana Baici: «Stiamo dando vita a un centro servizi in collaborazione con i Dipartimenti Scienze del farmaco di Novara e Tecnologie di Alessandria».
E Carmen Aina (Dipartimento Economia): «Il nostro è un progetto che si rivolge ai produttori in un momento in cui le soluzioni appaiono sconfortanti. Ma non si può aspettare che il mercato decida per noi perché le conseguenze sarebbero catastrofiche, occorre invece diffondere un cultura imprenditoriale».
I segnali di un arretramento del settore ci sono già tutti e li riassume cn efficacaia il direttore generale dell’Ente Nazionale Risi, Roberto Magnaghi: graduale riduzione dei sostegni, impressionante arrivo del riso straniero dai Pma (paesi meno avanzati) passato da 29 mila tonnellate del 2009 a 280 mila dell’ultima campagna. «La politica comunitaria ha abbandonato il nostro mercato alla berlina, con scarse misure di sicurezza». Per questo la filiera risicola sta chiedendo l’applicazione della clausola di salvaguardia, uno scudo contro l’import selvaggio e i dazi zero o agevolati. Poi cè un altro aspetto a preoccupare: il problema della «Food security» legato proprio al cereale che arriva dal Far East, privo di controlli.
Insomma, ci sono tutti i presupposti per chiedere a Bruxelles di difendere il riso made in Italy. Ma qui sta il punto. Il viceministro Andrea Olivero: «Dobbiamo avviare un’operazione di costruzione del consenso in Europa per convincere a elevare una barriera di salvaguardia, non vogliamo fare guerra ai paesi poveri ma ottenere solo misure garantiste. Per raggiungere il risultato dobbiamo unire la filiera».
Ma anche fare anche un esame di coscienza. Lo dice Mario Guidi, presidente di Confagricoltura e Agrinsieme: «La nostra visione deve cambiare, occorre affrontare il problema in maniera diversa, essere più competitivi sul mercato dove ci affidiamo ancora ai mediatori». Cinzia Mainini (Università): «Le imprese non devono demandare unicamente alle istituzioni la risoluzione dei loro problemi, ma agire coordinandosi tra loro. Noi siamo qui per dare un mano».
La compattezza della filiera – come ha sottolineato Paolo Carrà, presidente Ente Risi – ha portato a casa i risultati dell’aiuto accoppiato, dopo una partenza sfavorevole che limitava i sostegni solo alla zootecnia e all’olio d’oliva.
Nella prima parte dell’incontro e nella tavola rotonda si sono alternati Tommaso Mario Abrate (coordinatore Agrinsieme Piemonte), Manrico Brustia (presidente Cia Novara Vc-Vco), Andrea Massari (regione Lombardia), Gaudenzio De Paoli (Regione Piemonte), Giovanni Chiò (presidente Giovani agricoltori Novara), la sen. Elena Ferrara, Marco Arlorio (Università), Paolo Rovellotti (presidente Agriqualità) e Domenico De Angelis (condirettore generale Banco Popolare). Sono intervenuti anche il direttore generale dell’Università Piemonte Orientale, Giorgio Donna e Giuseppe Ferraris, responsabile settore riso Confagricoltura.

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