Korte, l’olandese che può fare del bene al riso italiano

Korte, l’olandese che può fare del bene al riso italiano

di Gianfranco Quaglia

korteI risicoltori e gli industriali italiani cercavano un amico, uno che li capisse. Forse, anzi con molta probabilità, l’hanno trovato in Olanda. Joost Korte,  (secondo a sinistra nella foto) direttore generale aggiunto della Direzione Generali Agricoltura della Commissione Europea, dovrebbe conoscere molto più sulla coltivazione dei tulipani che di riso. E invece Korte, che per un giorno si è calato nel <mare a quadretti> della Lomellina, si è immerso anche nella situazione critica della risicoltura Made in Italy, costretta a subire la concorrenza dell’invasione di cereale dal Sudest asiatico (leggi Cambogia e Myanmar). L’incontro era stato sollecitato dall’Airi (Associazione industrie risiere italiana) che con il suo presidente Mario Francese e il direttore Roberto Carriere stanno affrontando con tutta la filiera (Ente Risi) il tema dell’import a dazio zero dai PMA (Paesi meno avanzati). Finora le istanze del Governo italiano, che con il ministro Martina ha chiesto l’applicazione della clausola di salvaguardia, a Bruxelles non hanno trovato porte aperte, neppure dischiuse. Questione politica, si darà, ma anche di interlocutori giusti.

Ecco che Korte ha accettato di confrontarsi con pragmatismo, rivelando fra l’altro un inaspettato debole per il nostro Paese. Tanto che qualche settimana fa, sconosciuto turista e ottimo pedalatore, ha percorso in bicicletta il tratto che separa il Lago Maggiore da Pavia: come dire, ha voluto vedere e toccare da vicino i luoghi che da lì a poco avrebbe visitato nel ruolo di direttore generale della Commissione.

La sua visita ufficiale segue l’incontro avuto con l’Airi a Bruxelles, dove Korte aveva manifestato l’interesse di venire in Italia. A Castello d’Agogna (sede del Centro Ricerche Ente Nazionale Risi) Korte era accompagnato dal suo collaboratore Damien Plan, responsabile del settore riso. L’approfondimento presentato dal presidente Mario Francese conferma l’aggravarsi della condizione deficitaria nell’UE per quanto riguarda il riso di tipo Indica, determinata dall’aumento delle importazioni dalla Cambogia e Myanmar, che non hanno sostituito ma si sono aggiunte alle altre importazioni, ma evidenzia anche il grave squilibrio produttivo che sta determinando una eccedenza di riso japonica difficilmente collocabile. <Il problema è proprio questo – dice Francese – Per la prima volta viene fatto un approfondimento sul consumo di riso japonica, nel quale si evidenzia che non consente di poter rimediare alla perdita di produzione nell’UE di circa 200 mila tonnellate. I consumi che possono aumentare, condizionati dall’attuazione di una attività promozionale, sono solo per le denominazioni tipiche italiane, Arborio, Carnaroli, Vialone Nano, ecc. che, tuttavia, rappresentano circa 110.000 tonnellate in Italia e circa 40.000 tonnellate al di fuori dell’Italia, dimensioni di indica, paradossalmente a fronte di un aumento dei consumi di circa 100 mila tonnellate>.

Per Carriere è indispensabile sostenere le varietà Indica, un volano che trainerebbe anche quelle da risotto, cioè quelle appartenenti alla japonica. Francese si spinge oltre: <Per la nostra risicoltura non ci sarà sviluppo se non si coltiveranno almeno 60 mila ettari di Indica. Ci sono già segnali in questo senso: il consumo di Indica è in aumento anche per la presenza di immigrati,lo japonica invece è stabile.

E’ necessario anche rivedere le concessioni. Il problema è politico, ma non solo italiano. Occorre rivedere tuta la politica estera dell’Ue, e in questo contesto rientra anche un ripensamento degli accordi con i Paesi Eba. E’ arrivato il momento di decidere, è in gioco il futuro di tutta la filiera>.

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