Il “Riso e oro” di Marchesi non può essere imitato (fotogallery)

Il “Riso e oro” di Marchesi non può essere imitato (fotogallery)

SAM_1808di Gianfranco Quaglia

Gli avvocati Mario Franzosi e Marina Lanfranconi, legali del maestro Gualtiero Marchesi non hanno dubbi: quel Guido Rossi, allievo dello chef famoso in tutto il mondo per il suo risotto allo zafferano con la foglia d’oro, chi si crede d’essere, ha copiato la ricetta, anzi l’ha scimmiottata, utilizzando non la varietà Carnaroli come ha fatto il suo mentore, ma il Basmati, tutt’altra cosa, di origine orientale e non adatta ai risotti. Il fatto è che nel suo ristorante di Milano, denominato «All’ultimo risotto», Rossi propone quel piatto titolandolo «Riso oro e zafferano omaggio a Marchesi».

Da qui la denuncia del maestro nei confronti di un allievo prediletto e che ora accusa di contraffazione del marchio. Il caso, come nelle migliori tradizioni, finisce nell’aula di giustizia con un dibattimento che prevede una «cross examination». E allora, parola ad accusa e difesa, mentre l’aula del Tribunale è avvolta dal profumo dello zafferano e dei due risi che stanno cuocendo sui fornelli perché alla fine saranno i giudici a decidere sulla base di una verifica, delle testimonianze e dell’analisi sensoriale.

Scene da un processo che ha tutte le caratteristiche per essere vero, con avvocati, pm, giudici togati, pubblico. Unico e non insignificante dettaglio: siamo nella Triennale di Milano, trasformato dagli Avvocati Associati Franzosi-Dal Negro-Setti e Milalegal-Mina Lanfranconi & Associati in aula di giustizia, con uditorio attento, gourmet, giornalisti e critici gastronomici. Ma la professionalità e l’interpretazione dei rispettivi ruoli sono tali da confondere e occorre qualche minuto per rendersi conto che questo «reality» nella Milano del DopoExpo è un «Mock trial» (processo simulato) non solo per promuovere la creatività di un genio della cucina come Marchesi, ma per sviscerare la complessa materia della tutela del «Food and Design» made in Italy, sempre più insidiato dalle contraffazioni. Insomma, tutto inventato, compreso il nome e la figura dell’allievo ingrato. Tranne i due risotti, diversi tra loro e cucinati davanti ai giudici.

Alle accuse dell’attore che ha promosso la causa ribattono gli avvocati Cristiano Bacchini e Elisabetta Mina, legali di quel Rossi che ha scelto il Basmati: «Il nostro assistito ha inteso fare un omaggio dimostrando di essere in grado di far diventare opera d’arte anche una materia scadente. E poi nessun plagio: il risotto allo zafferano nacque nel 1574 e non da Marchesi; già ai tempi degli Sforza si utilizzava l’oro cui si attribuiva proprietà dermatologiche. Insomma questo è un risotto Basmati italiano».

Affermazione considerata eresia dai puristi del riso Made in Italy. Davanti ai giudici sfilano testimoni (i commensali), esperti del settore, come Natalia Bobba, presidente di Donne & Riso, che spiega metodologia e approccio dell’analisi sensoriale; l’avvocato Luca Ponti per i profili penali; Cinzia Simonelli (Centro Ricerche Ente Risi); Sara Gabri, direttore Centro Studi Indicam (Associazione per la tutela dei diritti di Proprietà Intellettuale e per la lotta alla contraffazione).

Il collegio giudicante, con Marina Tavassi (presidente coordinamento sezione Impresa Tribunale di Milano) e Roberto Magnaghi (direttore generale Ente Risi), si riunisce in Camera di Consiglio; alla fine l’avvocato Anna Maria Stein legge la sentenza che è un inno alla tutela del Made in Italy e al diritto: «La Corte ha ritenuto che al piatto di Marchesi possa essere riconosciuta la validità della registrazione oltre alla tutelabilità come marchio di forma. Un prodotto pubblicizzato in tutto il mondo che merita anche il ricnoscimento del diritto d’autore».

E per Rossi? «La fattispecie – dice ancora la sentenza – individua una responsabilità da parte della contraffazione di Guido Rossi, responsabile di atti di concorrenza sleale e violazione del diritto d’autore». Inoltre per il piatto da lui proposto «sussiste la violazione di legge, il riso utilizzato ha una percentuale maggiore del 5% di rotture. Pertanto la Corte ritiene di rimettere gli atti alla Procura della Repubblica per eventuali accertamenti penali, inibisce la commercializzazione e la pubblicizzazione». Lo chef «copiatore» è stato poi condannato al risarcimento dei danni e a una misura pecuniaria per ogni violazione.

«Vittoria schiacciante» dicono gli avvocati di Gualtiero Marchesi, che hanno sancito e ribadito un principio: la proprietà intellettuale anche di una ricetta, il riconoscimento del copyright.

Poi tutto finisce in gloria, anzi nel piatto, con la degustazione dei due risotti. «Maestro, ma lei cucinerebbe il suo «Riso oro e zafferano con un Basmati?». Risposta secca: «No, perderei tutti i clienti».

 

 

You must be logged in to post a comment Login