Il “Piano Laghetti” ci salverebbe dalla siccità

di Gianfranco Quaglia

C’è chi ha imprecato e chi ha pregato alzando gli occhi al cielo. Quasi cinque mesi senza pioggia hanno riarso i campi, assetato il suolo, messo a rischio i prossimi raccolti. L’acqua che dovebbe servire alle risaie viene distribuita quasi con il contagocce dai consorzi irrigui, che attingono alle residue riserve di laghi e fiumi. In un vertice con tutti gli attori della filiera (associazioni di bonifica e organizzazioni agricole) è stato scritto un punto fermo: non resta che chiedere il riconoscimento di stato di calamità per causa di forza maggiore. Non risolverà il problema, ma almeno potrebbe compensare i danni già subiti dai coltivatori e quelli cui andranno incontro nei prossimi mesi: costi insopportabili per le aziende, anche dovuti al conflitto in Ucraina (aumento dei prezzi di gasolio e concimi). Intanto ci sono già effetti evidenti: la risaia italiana si restringe, meno ettari e soprattutto ridotta disponibilità di materia prima sugli scaffali. A lanciare l’allarme è Mario Francese, presidente dell’Associazione industrie risiere, proprio nel momento in cui i consumi sono in aumento (+25% in Italia e + 15% in Europa).
Eppure qualcosa si sarebbe potuto e dovuto fare prima. Da anni Anbi (l’associazione nazionale che riunisce tutti i consorzi di bonifica e irrigazione) chiede inutilmente di realizzare il cosiddetto Piano Laghetti. “Una grande proposta di futuro – sottolinea il direttore generale Massimo Gargano – che consentirebbe di costruire 10 mila bacini entro il 2030: 6 mila aziendali e 4 mila consortili. Una scelta per conservare l’acqua”.
Perché, in pochi lo sanno, sull’Italia cadono ogni anno 300 miliardi di metri cubi d’acqua piovana, ma ne tratteniamo l’11 per cento. E in Europa soltanto la Romania investe menodell’Italia in infrastrutture idrauliche. Giovanni Chiò, presidente di Confagricoltura Novara Verbano Cusio Ossola, sottolinea: “I nostri colleghi risicoltori di Francia e Spagna, dove pure le annate siccitose sono frequenti, non hanno questi problemi, perché in quei Paesi gli invasi sono stati costruiti per tempo. Un altro esempio dell’utilità: in Sardegna è stata realizzata una diga che consente ai risicoltori del Campidano di irrigare le risaie. In Piemonte e Lombardia invece queste opere sono assenti”.

You must be logged in to post a comment Login