Il pasticcio della Pac pagata anche ai defunti

di Gianfranco Quaglia

Sono giorni di rabbia e confusione per 5500 aziende agricole piemontesi che si sono viste bloccati i pagamenti Pac (Politica agricola comune) già stanziati da Bruxelles e girati ad Agea (Agenzia nazionale per le erogazioni in agricoltura). I fulmini si sono scagliati contro Arpea (Agenzia regionale piemontese per le erogazioni in agricoltura), in pratica il braccio pagatore della Regione. E’ stato sin troppo facile puntare il dito contro il direttore Giancarlo Sironi e il «pool» di esperti della sede di via Bogino a Torino, perché come avviene sempre in casi del genere gli strali colpiscono chi è più vicino. Ma la realtà è diversa e complessa, grottesca, con presunte irregolarità che rasentano l’incredibile: figurano persino defunti (ben 2400) che hanno chiesto il contributo europeo, come se avessero la capacità di inoltrare la domanda dall’aldilà. Non c’è stata una organizzazione criminosa a orchestrare il raggiro e neppure una intenzionalità corale. Più semplicemente appare una superficialità che giustamente desta sospetto e sulla quale bene ha fatto l’autorità giudiziaria ad accendere i fari, dando mandato alla Guardia di Finanza di sequestrare migliaia di pratiche, bloccando così i pagamenti di oltre 5 mila aziende. Il fatto è che – come spiega il direttore – molte aziende non rispondono ai requisiti previsti e altre denunciano posizioni diverse da quelle reali, come nel caso dei titolari di aziende già defunti. Ma i controlli a monte sono quasi impossibili perché l’Arpea del Piemonte non ha la possibilità di accedere alla banca data vivi-morti e soltanto quando le domande arrivano ad Agea, quindi a Roma, emergono le incongruenze. Ma non si tratta della solita truffa ai danni dei fondi europei o dello Stato italiano perpetrata da imprenditori agricoli che tentano di incassare soldi facendo figurare familiari ancora in vita. In realtà siamo di fronte a una mancata o tardiva comunicazione delle successioni di terreni e aziende agricole: ora l’indagine giudiziaria vuole fare chiarezza per accertare eventuali responsabilità, anomalie, leggerezze. Non è facile, neppure per le Fiamme Gialle incaricate, districarsi in questo ginepraio che sovente deriva da consuetudini discutibili, ma presenti da secoli nel mondo agricolo. Ad esempio: 1900 contratti stipulati per la conduzione di terreni di proprietà della Pubblica Amministrazione (Comuni, Comunità Montane), sono verbali, vietati dalle normative nazionali.
Un altro aspetto, questo molto tipico del Piemonte: lo spezzettamento della proprietà fondiaria che si traduce, nella regione subalpina, in 4.900.000 particelle catastali. Una parte consistente della frammentazione non riguarda tanto le zone montane quanto le risaie vercellesi e novaresi.
Un pianeta con una miriade di satelliti, anzi una galassia, nella quale navigare diventa difficile e complicato. Ma l’inchiesta, come è ovvio, non fa sconti né guarda in faccia ad alcuno: e così capita ad alcune aziende, che già avevano ipotizzato piani di investimento confidando nel contributo, ora rischino il fallimento. Alcune di esse, che avevano già fruito del contributo, infatti si sono viste chiedere la restituzione. Ora la situazione è questa: Arpea è stata autorizzata a pagare tutte le 5500 aziende, togliendo però dal computo le particelle «incriminate». Seicento aziende restano ancora al palo perché oltre il 50% delle loro particelle sotto contratto verbale non sono ancora a posto. Nel frattempo una task force si esperti sta ricostruendo passo passo le loro posizioni, ma il lavoro come si può intuire è immane.
Il direttore di Arpea ricorda che nell’ambito dell’operazione-bonifica, l’agenzia regionale ha un’autonomia istruttoria attenuata: nessuna pratica può essere sbloccata senza il nulla osta da parte della direzione generale di Agea. «E ricordiamo anche – dice Sironi – che si tratta di un’indagine a livello nazionale da parte degli organi di polizia giudiziaria a cui tutto il sistema agricoltura è chiamato a rispondere, e non semplicemente di un problema di accanimento burocratico. Nonostante l’aggravio causato dai necessari supplementi istruttori, l’agenzia ha erogato dall’inizio dell’anno agli agricoltori piemontesi quasi 196 milioni di euro, di cui 161,5 per il saldo della Domanda Unica (Pac) a oltre 32.000 beneficiari».

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