Il modello olandese che ha smascherato il killer brusone

di Gianfranco Quaglia

Il soccorso è arrivato dai Paesi Bassi. Meglio sarebbe dire: dall’intuizione di un ricercatore italiano, Massimo Biloni, che anni fa andò a specializzarsi all’Università di Wageningen (Olanda) e portò a casa il know how appreso nei laboratori di quei centri avanzati nella lotta ai patogeni in agricoltura. Uno dei pochi casi in cui non si è attuata la fuga dei cervelli, ma una volta tanto c’è stato un ritorno di capitale umano e intellettuale. Massimo Biloni, direttore generale Sapise, (Sardo-piemontese-sementi) ha importato il modello matematico sperimentato con gli olandesi. Si chiama SiRBInt (Simulation of rice blast interaction). Tornato in Italia, Biloni ha messo a punto con Marinella Rodolfi (Università di Pavia) quel modello ricavandone un sistema avanzato per applicarlo alle nostre risaie, finalizzato al monitoraggio della «Pyricularia grisea» (Brusone), il fungo che attacca le pianticelle di riso fino a ridurne la produzione. Il modello è stato utilizzato anche in questa estate torrida (la più calda della storia, secondo i meteorologi): la lotta al brusone nel Vercellese e Novarese è ormai diventata strutturale, tanto che da giugno a fine agosto due bollettini settimanali sono inviati via email o sms ad agricoltori e organizzazioni del settore per avvisarli dell’arrivo imminente del fungo. Il modello si basa sull’incrocio dei dati meteo con quelli trasmessi da centraline che raccolgono le spore del fungo diffuse nell’aria. Il sistema suggerisce quando effettuare eventuali interventi chimici in periodi mirati, una terapia volta a preservare il più possibile l’ambiente e ridurre gli sprechi. Giulia Baldrighi, presidente della Fondazione Agraria Novarese, che con il sostegno della Fondazione Banca Popolare di Novara ha coordinato l’iniziativa anche nel 2015, si dice soddisfatta dei risultati: «Le particolari condizioni climatiche di questa estate, caratterizzate da un caldo secco, non hanno favorito l’insorgenza del brusone se non in minima parte. I parametri di rischio, da zero a tre, soltanto in pochi casi hanno raggiunto il livello uno».

Ma senza quelle «sentinelle» in campo l’agricoltore sarebbe andato a lume di naso irrorando prodotti antiparassitari in quantità superiore alle necessità reali.

 

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