Il Made in Italy conquista il mondo ma l’Ue esclude l’uso della lingua italiana

di Gianfranco Quaglia

La lingua italiana è la quarta nel mondo per diffusione, studio, apprezzamento, venendo dopo l’inglese, lo spagnolo e il cinese. L’italofonia è scoppiata negli ultimi anni, auspice il gradimento per il Made in Italy, non ultimo il richiamo dei nostri porodotti agroalimentari. Ma tutto ciò a Bruxelles è sconosciuto, non sappiamo se volutamente o per ignoranza. La Commissione europea ha aperto una consultazione pubblica sulla valutazione di medio termine del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate tra cui figura anche il regime speciale a favore dei PMA, i Paesi meno avanzati dai quali proviene – ad esempio – la gran parte del riso a dazio zero che sta mettendo in crisi la filiera risicola italiana. Con questa consultazione la Commissione intende raccogliere informazioni e pareri sull’efficacia, l’efficienza, la coerenza e la pertinenza del regolamento. Inoltre l’iniziativa dovrebbe fornire l’opportunità ai cittadini europei di esprimersi sull’impatto del regolamento dal punto di vista economico, sociale, ambientale e dei diritti umani. Sin qui tutto bene. Il fatto singolare è che il questionario è disponibile in inglese, francese, spagnolo, portoghese e russo, ma non in italiano.
Un paradosso, se si pensa che fra i più interessati a sollevare osservazioni sarebbero proprio gli italiani, che in fatto di produzione di riso sono al primo posto in Europa. Da qui una formale protesta da parte dell’Ente Nazionale Risi direttamente alla Direzione generale del Commercio a Bruxelles. Ma ancora più paradossale è che nella capitale belga durante il Comitato di gestione cereali e riso i funzionari della Diregione generale Agricoltura si sono stupiti del fatto che non risulti ricompreso l’italiano nelle lingue utilizzate per la consultazione. Gli stessi si sono impegnati a interpellare la Direzione Commercio per rimediare, consentendo anche all’Italia di potersi esprimere o quantomeno di essere collocata sullo stesso piano linguistico degli altri Paesi presi in considerazione. Non si sa ancora se la lingua di Dante sarà aggiunta alle altre oppure se prenderà il posto di una di esse, ad esempio quella in cirillico.

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