Fiori al macero, il settore con l’acqua alla gola

Fiori al macero, il settore con l’acqua alla gola

florcoopdi Franco Filipetto

Un centinaio di famiglie in crisi nel settore florovivaistico. Sono stati fermati i trasporti che prevedevano a marzo di vuotare le serre a favore della Grande distribuzione. A parlare è Eugenio Gioria, presidente della “Flor Coop Lago Maggiore”, cooperativa con sede a Nebbiuno a cui aderiscono una ventina di ditte: “Capiamo benissimo che in questo momento siano altre le priorità, però senza aiuti consistenti le nostre aziende difficilmente potranno superare questo momento di crisi. Molte hanno già buttato al macero i vasi pronti per la commercializzazione di marzo. Da aprile in poi bisogna iniziare a produrre per l’anno successivo. Ora il ministro Bellanova ha dato il via libera al trasporto di tutto quanto riguarda il prodotto legato al fiore, ma se la gente non esce di casa e se va al supermercato, lo fa solo per i beni di prima necessità, i fiori rischiano di rimanere sul carrello”.

Gioria, che quantifica il danno in un milione e mezzo di euro, continua: “Le camelie vengono acquistate dalla catena Aldi per essere vendute in Germania. Per la diffusione del coronavirus, i supermercati esteri non hanno ritirato gran parte gli ordini perché hanno necessità di approvvigionamenti più importanti, legati all’alimentare. Una volta che l’emergenza sarà passata avremo bisogno di un sostegno economico altrimenti non ci rialzeremo più. Serve liquidità da subito a fondo perduto. Rischiamo la chiusura della floricoltura di pregio del lago Maggiore”. Non solo l’area del Verbano e l’entroterra collinare è coinvolto, bensì l’intero Piemonte. Per fortuna che la maggior parte del prodotto verso i paesi del Nord Europa è partito entro la fine di febbraio: “Abbiamo salvato il 50 % della produzione delle nostre serre -dice Gioria-. Lo smercio in Italia invece parte solitamente a marzo e si sviluppa nei mesi di aprile e maggio”. Quindi il presidente di Floor Coop lancia un disperato appello: “Ci sono in gioco le vite di un centinaio di famiglie, tra titolari e dipendenti. Le aziende a totale conduzione familiare bene o male si salvano, mentre per quelle con dipendenti il rischio è della chiusura totale”.

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