Expo ultima chiamata per metterci in testa che insieme si vince

di Gianfranco Quaglia

E’ la febbre degli ultimi giorni. Cresce mentre cala il conto alla rovescia per Expo, che il 1° maggio, finalmente, aprirà. Fibrillazione e agitazione convulsa, quasi spasmodica, per arrivare in tempo, e già si tirano le somme. Per ciò che è stato fatto, non realizzato, e per il dopo. L’esposizione internazionale, con lo slogan «Nutrire il pianeta energia per la vita», dovrebbe essere la grande scommessa per l’Italia. Opportunità da cogliere senza se e senza ma, quante volte questa frase l’abbiamo sentita pronunciare negli ultimi mesi. Ma per Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, docente di marketing e ingegneria gestionale, fino a tre mesi fa presidente di Explora, società creata per promuovere turismo e territori in previsione di Expo, avremmo già perso alcuni treni. Lo ha affermato senza giri di parole durante un incontro all’Ucid (Unione cristiana imprenditori e dirigenti) di Novara. «In tutto il mondo – dice – c’è una consapevolezza diffusa del prodotto made in Italy, ma noi non siamo capaci di venderlo. La Germania, che ha meno materia prima di noi, esporta per 33 miliardi di euro contro i nostri 30. Ora l’Expo dovrebbe rappresentare uno straordinario catalizzatore di energia creativa, ma temo che abbiamo già perso molte opportunità. Promuovere un territorio significa trovare motivazioni di viaggio. Ho provato a mettere insieme i territori per aree omogenee, ma prevalgono gli individualismi. Gli americani vendono perché hanno i volumi, da noi manca la dimensione dell’integrazione».
E’ critico l’ingegenr Noci, la sua è una provocazione che colpisce direttamente presunzioni e pregiudizi, luoghi comuni. «Non basta una chiesa, un monumento per attirare i turisti, occorre dare anche intrattenimento. Pensiamo a Dubai». Ancora :«Nel 1960 l’Italia deteneva il 16% delle quote di mercato del turismo, oggi appena il 4%>. E l’agroalimentare? «L’Italian Sounding, cioè i falsi prodotti made in italy nel mondo fatturano 60 miliardi di dollari, il doppio dell’export dell’agroalimentare italiano. E tutto ciò dimostra che l’Italia è apprezzata, ma gli altri fanno business su di noi speculando sul nostro immobilismo».
Apre Expo e tutto è già perduto? Forse no. Non dobbiamo essere così pessimisti, ma renderci conto che questa è l’ultima chiamata. La chiave? Noci: uscire dall’individualismo.

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