Etichettatura del riso: Per Assosementi e De Castro “questa è la strada giusta”

Etichettatura del riso: Per Assosementi e De Castro “questa è la strada giusta”

Assosementi ha accolto con favore il piano di interventi annunciato dal ministro Martina, che prevede la sperimentazione dell’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta per il riso. “Si tratta di una proposta di decreto che può certamente contribuire alla valorizzazione delle produzioni italiane e europee”, ha commentato Massimo Biloni, coordinatore del Gruppo riso di Assosementi. “Il riso è un’eccellenza del Made in Italy e il rilancio di questa coltura, di cui storicamente il nostro Paese è leader, non può prescindere dalla sua tracciabilità”.

“Il buon seme certificato, primo anello della filiera agroalimentare, è sicuramente lo strumento migliore per garantire la tracciabilità delle produzioni nazionali”, ha aggiunto Biloni. “L’utilizzo di sementi certificate, controllate dal punto di vista fitosanitario, di germinabilità e di purezza varietale, è il mezzo per assicurare maggiore rispetto dell’ambiente, grazie alla riduzione della diffusione di malattie e di parassiti, uno strumento per garantire piena trasparenza e tracciabilità del prodotto sino al consumatore finale.”

E da Strasburgo arriva anche il commento positivo di assosementi, primo vicepresidente della Commissione Agricoltura del parlamento Europeo: “L’annunciato decreto del Governo sull’etichetta d’origine del riso è la risposta alle distorsioni sul mercato europeo delle importazioni dai Paesi asiatici, in particolare Cambogia e Birmania. Nessuno mette in discussione la necessità di aiutare i Paesi più poveri – continua De Castro – ma la pressione sul mercato provocata dall’importazione a dazio zero di quantitativi sempre maggiori non può essere tollerato all’infinito dalla filiera produttiva”. L’europarlamentare conclude lanciando un appello alla Commissione europea: “Se la clausola di salvaguardia è una strada impraticabile con i paesi EBA, la Commissione ha il dovere di trovare una soluzione, perché i nostri produttori continuano a soffrire e il rischio è quello di dover subire gli impatti economici, sociali e ambientali di una drastica riduzione della nostra produzione”.

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