Da fratello a danno pubblico, metamorfosi del canis lupus

Da fratello a danno pubblico, metamorfosi del canis lupus

lupodi Enrico Villa
1213. Nel dodicesimo Fioretto, divulgato la prima volta nel 1476 da
Giovanni di Marignoli, Francesco d’Assisi (1181/1226) patrono d’Italia
santificato nel 1939, racconta come, affrontando un lupo feroce, lo
ammansì riducendolo a comportarsi come un cane che  giocava
soprattutto con  i bambini di Gubbio. L’animale, vero incubo per i
contadini e gli allevatori,  tassonomicamente catalogato come canis
lupus nel 1.758 e conosciuto come lukos dalla civiltà greca, tanto
che, come narra in una sua incisione Hendrik Goltius, Zeus , per
intercessione di Apollo, trasformò Licaone in un lupo, il canide
divenne ancor più l’incubo degli uomini, con l’attribuzione di
performances varie: personaggio delle favole, prestato ai cartoonist
come Walt Disney o dagli scrittori di favole che  hanno inventato
Cappuccetto Rosso. Già Ovidio, nel libro primo delle Metamorfosi,
aveva tratteggiato il lupo come incubo cui fuggire perché era la
rappresentazione del male.

Simbolo di pazzia
Di più: per un lungo periodo, anche la psichiatria si servì del lupo
per rappresentare la pazzia degli abitanti dei villaggi, connotati
dalla civiltà contadina che in Europa si era formata dal Medioevo .
Nel 1512 il pittore e incisore olandese Lucas Cranak il vecchio in una
sua tavola diventata famosa,  rappresentò lo scompiglio in un
villaggio della Europa profonda quando,  per la pazzia belluina del
lupo, si insinuò la pazzia incontrollabile del lupo mannaro. Era la
malattia del licantropo. Più avanti, fra Ottocento e Novecento
Serghej  Procopief (1891/1953) ritornando in Russia nel 1936, compose
la sinfonia Pierino e il lupo, attribuendo agli strumenti musicali la
capacità di  comunicare l’emozione provocata dall’arrivo del lupo
feroce che fa razzia di pecore e bovini. Alla fine, come era già
accaduto nel Fioretto di Francesco a Gubbio, Pierino prevale
contenendo vittoriosamente la ferocia della belva.

Il danno pubblico
Seguendo i ritmi storici, che cadenzano in Europa la presenza del
canis lupus, dal 1213 al 1936 sono trascorsi quasi ottocento anni in
cui, prevalendo il mito dell’animale (ma timido, spiegano i biologi)
compresa la quasi estinzione negli anni Settanta del  Novecento, oggi
la sua ricomparsa diventata nuovamente un problema consistente come
quello della proliferazione di  altri animali (cinghiali, nutrie,
caprioli) i quali anche costituiscono un pericolo per la circolazione
stradale. Come testimoniano le associazioni professionali agricole
(Confagricoltura e Coldiretti) da almeno un anno il Ministero delle
politiche agricole dimostra maggior sensibilità verso il moltiplicarsi
incontrollato di questi rapaci e ungulati  che colpiscono allevamenti
e coltivazioni come quelle orticole e maidicole. La rifusione dei
“danni pubblici” è scarsa nonostante un diverso atteggiamento della
UE, mentre nel 2014 nel solo Piemonte  l’onere ha superato i due
milioni di euro (stima di Confagricoltura). Accanto al calcolo del
danno materiale, Bruno Rivarossa di Coldiretti ha proposto, dopo un
convegno a Bobbio Pellice, alla opinione pubblica di “adottare un
pastore”. L’iniziativa, che nella regione, minacciata dai lupi,
riguarderà 7.500 allevamenti bovini, nonché 2.200 allevamenti ovini
con la garanzia del lavoro per 12 mila addetti, sarà presentata a
Torino durante Terra Madre/Salone del Gusto 2016, il 22 settembre.
Intanto, la presenza dei lupi continua ad essere segnalata nelle Alpi
con la violazione di allevamenti, incidenti stradali provocati dagli
animali, danni consistenti che vanificano gli investimenti effettuati
negli ultimi anni. Un esempio? Come segnala Coldiretti, l’aggressione
disastrosa agli ovili di Murazzano dove con latte di pecora si produce
un formaggio di grande pregio. Riproponendosi l’incubo per i lupi
richiamati nei secoli, compresi  fra il miracolo francescano di Gubbio
e la letteratura e la filosofia, si sta nuovamente formando un
movimento, secondo il quale i lupi e gli altri animali nocivi vanno
semplicemente abbattuti, non incuranti se l’equilibrio biologico sarà
compromesso. Ma questa soluzione brutale , in ogni caso da compensare
con compensi più generosi dalle  autorità pubbliche, sta provocando
intensi e interessanti dibattiti cui contribuiscono diverse
istituzioni naturalistiche italiane e l’Università. Riferendosi al
programma ministeriale Life WolpAlps, prospettato nello scorso gennaio
2016, il più  rigoroso  nel commento è Luigi Boitani, professore di
biologia della conservazione ed ecologia animale dell’Università La
Sapienza di Roma.

Oltre duemila esemplari
Anzitutto, egli insiste sulla doverosa visione scientifica quando si
affronta il tema del “nemico lupo” o anche di altri animali dannosi,
come per esempio i cinghiali. I lupi, secondo le stime, sono adesso
tra i mille e 2.400 e – secondo il professor Boitani – “a nessuno
importerebbe molto sapere se i lupi sono 1.000 o 10.000 se non si
verificassero conflitti con la zootecnia”. Inoltre, sempre per la
difesa biologica dei lupi  che uno scrittore filosofo (Il lupo e il
filosofo, 2009, Mondadori) dice di avere ammansito come Francesco,
dovrebbero essere riformate le regole per gli alpeggi in montagna.
Diverso è per gli invadenti cinghiali che, secondo l’Ispra, in pochi
anni (2005/2015) sono diventati più di un milione. Il nodo da
scegliere con l’apporto della Comunità è proprio questo: come saper
conservare senza danni la “memoria storica” del lupo, riducendo i
danni del prolifico cinghiale il quale sta,  ormai, invadendo anche le
periferie cittadine.

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