Concorrenza, Bric e sanzioni frenano il nostro export

Concorrenza, Bric e sanzioni frenano il nostro export

di Enrico Villa

fruttaIl Circolo dei lettori di Torino, nei primi quindici giorni di novembre ha dedicato tre incontri alla sicurezza del cibo in rapporto al pensiero. Questo club letterario ma non solo, diventato ben presto un riferimento importante per la città subalpina e per il Piemonte, nel suo logo ha un sottotitolo significativo: leggere tra le righe. Ricordandolo Pietro Piccarolo, presidente della Accademia di Agricoltura fra le più antiche del nostro Paese, fondata dai duchi di Savoia, accenna ad alcuni passaggi delle conferenze su cibo e pensiero. Essi rammentano la preoccupazione – razionale e non ideologica – sulle disparità di produzione dei cibi che vedono la luce nell’area della Comunità – non soltanto dell’euro – e quelli per la globalizzazione sempre più integrale in arrivo da ogni parte del mondo. Le cifre, cui gli statistici annettono il massimo credito che sempre più alimentano il Big data, evidenziano anche nel mondo flussi allarmati di esportazione parallela di generi agroalimentari.
Non soltanto. Ogni corrente dell’export presenta aspetti particolari che possono essere considerati vere e proprie sottosezioni dai quali, per ribadire la sicurezza alimentare, non bisognerebbe mai prescindere. In gioco è la salute dei consumatori che in Europa sono ormai 500 milioni. Pertanto – limitandosi solo al nostro Paese dove, con Expo 2015 dal prossimo maggio a Milano la vetrina agroalimentare sarà veramente globale – un’azione di controllo non dovrà essere svolta solo dal ministero delle Politiche Agricole bensì, congiuntamente, dai ministeri della Salute, del Lavoro, dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico. In questo ambito agroalimentare, che caratterizza fortemente il Made in Italy e che trascina numerosi altri comparti manifatturieri, balza subito all’occhio un aspetto: da una parte, come in questi giorni l’Istat ha rilevato, l’export di cibo di qualità che parte dall’Italia è soddisfacente ma, rispetto al passato, si è delineato uno scenario prima non presente. Lo evidenziano , come accennato, le cifre. Le nostre esportazioni agroalimentari crescono in modo più che accettabile anche se come vedremo non mancano i freni. Però, sui mercati internazionali la collocazione delle nostre derrate è diminuita dal 3,3% al 2,6%. Le maggiori insidie, un tempo inesistenti, vengono da Brasile, Cina, America centrale e del Sud, paesi asiatici sempre più agguerriti perché all’occidentale. E’ il caso della vicenda non ancora finita del riso senza alcun freno daziario in arrivo da Cambogia, Vietnam anche Tailandia. Nei paesi di origine, le derrate prodotte e giunte in Europa presentano due elementi di forte concorrenzialità in parte sleale: i costi produttivi di gran lunga inferiori che, ovviamente, influenzano le quotazioni di mercato; e l’utilizzo di pesticidi e di fertilizzanti per la loro pericolosità ambientale e sulle persone vietati in Occidente. E’ anche il caso del riso di varietà Basmati per ragioni di costume e gastronomiche in Europa più popolare di un tempo, però intriso di pesticidi considerati cancerogeni o, comunque, dannosi per la salute dei consumatori. L’Efsa, l’ente comunitario per il controllo della salubrità degli alimenti in ingresso in Europa di tanto in tanto blocca carichi in arrivo da India e Pakistan. I chicchi di cereale hanno tracce evidenti di cambendazim e di altre sostanze velenose.
Fino allo scorso 7 agosto i flussi di export di generi agroalimentari verso la Russia non avevano subito intralci. E, dunque, il tasso di export stabile prometteva ulteriore esportazione. Però, come ancora recentemente ha documentato la Coldiretti, i flussi esportativi verso la Russia si sono contratti vistosamente. Il crollo nel solo mese di ottobre, sarebbe stato del 16% circa di ortaggi, frutta, formaggi, carne, salumi pesce. In Russia si sarebbe così determinato un flusso parallelo low cost con una infinità di agroalimentare taroccato e con un effetto duplice su quel mercato: il danno e la creazione di una corrente di prodotti scadenti e falsamente Made in Italy, poi difficile da neutralizzare. La Coldiretti ha anche ipotizzato che in questo nuovo paniere, tale da distorcere ulteriormente i normali flussi dell’export, rientrerebbe anche la carne all’antrace proveniente da allevamenti dell’Est Europa. Essa, con una triangolazione attraverso la Germania, approderebbe pericolosa sulle sponde del Mediterraneo.

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