C’è la conquista dell’Europa dietro la guerra del Basmati

di Gianfranco Quaglia

Scoppia la guerra del Basmati, il riso profumato che arriva dall’Oriente e spopola anche in Europa, soprattutto fra i giovani consumatori che lo scelgono non per i risotti, ma come contorno oppure per insalate. Il campo di battaglia è l’Unione Europea, quello di coltivazione si divide fra India e Pakistan, da dove proviene il cereale il cui nome significa “Regina di fragranza” in lingua hindi. E’ un conflitto che parte da lontano e fa riaffiorare antiche tensioni fra India e Pakistan. Entrambi i governi e gli esportatori guardano all’area Ue come a un grande opportunità di mercato, da conquistare. L’11 settembre la Commissione europea aveva pubblicato nella Gazzetta Ufficiale la domanda di registrazione della denominazione “Igp Basmati” presentata dall’India. La normativa prevede che entro tre mesi dalla pubblicazione le autorità di uno Stato membro o di un paese terzo oppure ogni persona fisica o giuridica avente un interesse legittimo e stabilito in un Paese terzo possono presentare alla Commissione una notifica di opposizione. Così ha fatto il governo di Islamabad che ha deciso di presentare ricorso entro la prima settimana di dicembre, a pochi giorni dalla scadenza consentita (11 dicembre). Non solo il Pakistan: anche le riserie europee, che trasformano il riso semigreggio importato dal Pakistan, avrebbero intenzione di opporsi alla richiesta indiana. Come finirà il contenzioso? Difficile prevederlo. Circa i due terzi dell’importazione di Basmati in Ue provengono dall’India, ma hanno subito un calo a causa del mancato rispetto degli standard europei sull’utilizzo di pesticidi. Sull’altro fronte il Pakistan ha raddoppiato le sue esportazioni negli ultimi tre anni, passando da 120 mila tonnellate nel 2017 a 300 mila nel 2019. Anche l’Italia, fiore all’occhiello della risicoltura europea, subisce il fascino del Basmati, che non può essere coltivato e utilizzato fuori dai confini orientali come tale in quanto protetto dal brevetto. In realtà i risicoltori italiani propongono prodotti similari, varietà come Aroma e Apollo, entrambi appartenenti alla linea dei fragranti. Andrebbero valorizzati e diffusi più di quanto non lo siano ora.  

 

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