Bufale che fanno male al nostro Made in Italy

di Gianfranco Quaglia
In Italia si allevano circa 380 mila capi bufalini. Molte di meno sono le cosiddette «bufale» giornalistiche, ovvero le bugie, che possono procurare molti danni, soprattutto quando riguardano il settore dell’agroalimentare. In questo caso chi la spara più grossa può essere preso sul serio, soprattutto se la notizia corre sul web, viene amplificata e accreditata dai social. Nel grande oceano di Expo, che sta per spegnersi in un crescendo di iniziative, si è parlato anche di questo, durante un convegno organizzato nel Padiglione d’Israele, titolo «Nutrire la mente, nutrire il corpo, le bufale sull’alimentazione». Alcune sono stereotipi, ormai assunti a mantra inutili e per fortuna non causano gravi conseguenze: come l’ananas bruciagrassi (ne sono convinti 8 italiani su10); gli agrumi antinfluenzali e antiraffreddore(ma gli studi clinici hanno dimostrato che non è così); oppure che per dimagrire occorre saltare la colazione e mangiare gluten free.
Sin qui la diffusione di una cattiva informazione. Ma esiste un altro aspetto, ancora più subdolo e che solo in apparenza denuncia un risvolto economico, ma in realtà si riflette sulle tasche e la salute consumatori: l’Italian Sounding o agropirateria. Il fenomeno delle contraffazioni che non risparmia il Made in Italy, anzi lo sfrutta in termini colossali, tanto da fatturare nel mondo oltre 60 miliardi di falso prodotto italiano, esattamente il doppio delle nostre esportazioni agroalimentari. Non è un fenomeno nuovo, persino San Tommaso D’Aquino ne parlava nella sua Summa Theologiae affrontando i principi delle correttezza. Ma qui siamo in presenza di un danno colossale alla nostra produzione mediterranea ed è ancora più paradossale se si considera in molti casi a produrre il falso Made in Italy sono alcuni italiani fuori dai confini nazionali. Accade nel Wisconsin, dove il Parmigiano diventa Parmesan e il Gorgonzola e subisce altrettante e maldestre copiature. In Gran Bretagna e in Olanda falsi risi italiani spacciati per Arborio,e sempre nel Regno Unito un fantomatico e inesistente Prosecco. L’elenco sarebbe infinito. A tutto ciò si aggiunge, nel nostro Paese, l’agromafia che sviluppa un giro d’affari di 14 miliardi di euro. Il Ministero delle Politiche agricole nel 2014 ha effettuato oltre 110 mila verifiche sulla filiera agroalimentare italiana, sequestri per 40 milioni di euro e nel 2015 sono stati decuplicati gli interventi. Infine la normativa europea, voluta dall’Italia, ora consente di attivare la protezione delle nostre produzioni Dop e Igp su tutto il territorio Ue.

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