Bio, c’è il regolamento europeo ma scatta nel 2021

Bio, c’è il regolamento europeo ma scatta nel 2021

di Enrico Villa

Il nuovo regolamento della UE per le coltivazioni biologiche è finalmente stato approvato, dopo quattro anni di distinguo e di ripensamenti. Il dispositivo, non è stato approvato all’unanimità con una posizione contraria dell’Italia, ed entrerà in vigore soltanto nel 2021. Una volta ancora, come in genere accade, Bruxelles ha applicato il principio della precauzione.

Infatti, l’Agenda comunitaria ha fissato al 2035 l’eliminazione della deroga della contaminazione di colture vicine alle colture Bio, anche riservandosi un altro approfondimento che durerà, quanto meno, fino al 2025: entro i prossimi quattro anni, dal 2021 la Commissione valuterà se la norma sulla contaminazione funzionerà. Se questo non accadrà, il Parlamento di Strasburgo si riserverà, appunto entro il 2025, di presentare un disegno di legge con la forza giuridica di armonizzare in tutti i paesi membri della Comunità i principi per colpire ogni possibilità di contaminazione. L’indicazione in questo senso è stata sostenuta dai movimenti Bio in Europa di quanti vogliano una coltivazione biologica pulita nell’interesse della salute del consumatore e dell’ambiente. Fra questi è anche la Coldiretti italiana, la quale sostiene un altro risvolto: le coltivazioni accanto alle Bio non devono contenere vegetali frutto di piante OGM.

L’Italia, diversamente da altri paesi comunitari, è molto interessata a questo regolamento che entrerà in effetti fra tre anni quando sarà avviata la ipotizzata riforma sulla nuova Pac che sta curando il commissario alla agricoltura Phil Hogan e che dovrebbe prevedere il finanziamento/bandi di piani di sviluppo rurale i quali promuovano uno sviluppo reale della agricoltura europea. La storia delle coltivazioni Bio e i dati statistici evidenziano come le coltivazioni senza fitofarmaci stiano diventando importanti e quanto economicamente e da un punto di vista agronomico conteranno sempre di più. Il comparto specifico, come ricorda in un suo saggio recente il ricercatore romano Stefano Canali, che lavora per il Centro di ricerca agricoltura e ambiente del Crea, si sviluppa dal 160 anni con i contributi scientifici di Rudolf Steiner (1861/1925), dei biologici inglesi e americani, dell’italiano Alfonso Draghetti (1888/1960) che ha operato presso la Stazione agraria sperimentale di Modena gestita dal Ministero della Agricoltura. Draghetti, già nel 1948 scrisse il trattato Principi di fisiologia dell’azienda agraria, con gli ampliamenti successivi di Francesco Garofano (1916/2013) che nei suoi saggi a Torino si soffermò su Suolo e Salute e Ivo Totti (1914/1992). Per Stefano Canali, Draghetti, Garofano, Totti sono i padri della ricerca sulla agricoltura biologica in Italia, contemporaneamente conseguenza accoppiata in ambito accademico, operativo ed applicativo. In termini diversi: le coltivazioni biologiche sono, in realtà, una attività assai seria e da tutelare che rifugge, in parte, dalle eccessive contaminazioni commerciali e che affonda le sue radici nelle conoscenze tecnico/scientifiche. A questo, come ribadiscono gli esperti di ogni scuola, l’orientamento comune è mondiale particolarmente negli Sati Uniti, anche in Asia, nella stesa Europa con i primati di Italia, Spagna, Gran Bretagna, Francia. Globalmente le coltivazioni Bio coprono 43,1 milioni di ettari con il primato dell’Australia e in Europa con 11,5 milioni di ettari.

Non solo. Come evidenziano Coldiretti, Sole 24 Ore, Confagricoltura, lo stesso ricercatore Stefano Canali, l’’Italia rispetto agli altri paesi nostri concorrenti è fortemente in controtendenza, tanto che gli agricoltori italiani hanno optato per il Bio rispetto agli anni scorsi nella cerealicoltura, in orticoltura, frutticoltura, viticoltura e allevamento di bestiame, dichiarando l’embargo per pascoli sviluppati in base a fitofarmaci e prodotti sintetici. Questa indicazione è ribadita, ma con le deroghe previste, nel nuovo regolamento comunitario. Se prima dell’entrata in vigore nel 2021 non interverranno modifiche, anche la coltivazione risicola potrebbe trovarsi a mal partito. Infatti, secondo le valutazioni agronomiche le coltivazioni Bio, accanto a quelle tradizionali potrebbero far scattare l’involontaria contaminazione con un triplice danno: discesa del prezzo del bio, valutato maggiore di circa 3 volte rispetto ai prezzi correnti; possibile accusa di frode per un raccolto contaminato; intervento dell’autorità giudiziaria nella constatazione della contaminazione e spese conseguenti nei tribunali.

L’ipotesi di una possibile contaminazione, si è forse concretata in questi anni con sei denunce a Vercelli per finto bio, prontamente registrate dalla Regione Piemonte e, per un aspetto particolare, dall’Ente Risi. L’assessore regionale all’agricoltura Giorgio Ferrero ha attivato i suoi uffici per reprimere qualsiasi possibilità di frode in un universo piemontese del Bio che riguarda circa settantamila aziende le quali assicurano l’impiego a 3oo mila lavoratori. Sostanzialmente nello stesso periodo l’Ente Nazionale Risi ha chiesto al Ministero delle politiche agricole di autorizzare nelle sue statistiche annuali l‘indicazione fra coltivazione in campo tradizionale e coltivazione biologica che, secondo un manifesto settoriale, dovrebbe garantire benessere del territorio e di chi vi abita, ecologia, equità, precauzione. Quando i numeri certificheranno una evidente realtà in evoluzione, anche la risaia sarà più trasparente come, in realtà, si propone il nuovo regolamento comunitario.

Foto da Animabiologica

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