A Expo quel risotto di Mariù che piaceva a Pascoli (fotogallery)

A Expo quel risotto di Mariù che piaceva a Pascoli (fotogallery)

di Gianfranco Quaglia

SAM_1575Alla fine arrivò anche il «risotto di Mariù». Era il risotto prediletto da Giovanni Pascoli, con lo zafferano, qualche fegatino di pollo, buzzo (interiora), cibréo (creste di gallo). E’ stato riproposto dallo chef Andrea Ribaldone nell’ultima delle serate che l’Ente Nazionale Risi ha dedicato a Sua Maestà il Riso nel padiglione Cibus è Italia di Expo. Una sorta di viaggio nel tempo dal titolo «Il riso tra cOltura e cUltura» dove il prodotto è stato declinato in tutti i suoi aspetti, con un focus su quello culturale. All’incontro, condotto da Patrizio Roversi, hanno partecipato la cantante Maria Grazia De Marchi del Canzoniere Veronese; Cinzia Lacchia, curatrice del museo Borgogna di Vercelli; l’attore Roberto Sbaratto; Giorgio Simonelli, docente di giornalismo radiofonico e televisivo. E’ stata una rivisitazione del riso visto non solo dal poeta, di cui è rimasta celebra la disputa epistolare sul risotto perfetto con il giornalista del «Corriere della Sera» Augusto Guido Bianchi: il risotto del poeta era quello «romagnolesco che mi fa Mariù». Ma anche da Giovan Battista Spolverini, che per primo pubblicò un trattato sulla risicoltura nel Veronese (4 mila versisciolti). Poi da Fogazzaro in «Piccolo mondo antico», Camilleri, Gadda, Vassalli con la sua «Chimera». Brani letti e declamati da Roberto Sbaratto, che ha imitato alla perfezione anche l’autore de «Il commissario Montalbano». E non sono mancati gli accenni ai futuristi, a Filippo Tommaso Marinetti che condannò la pastasciutta e assolse il riso; alla scrittrice Laura Bosio che disse: «Scrivere è un po’ come coltivare il riso». E al divisionismo, con i dipinti celeberrimi di Morbelli sul lavoro delle trapiantine, custoditi al museo Borgona, la cui curatrice Cinzia Lacchia ha descritto nei particolari quelle opere: «Un autentico manifesto divisionista, che rappresentava anche un simbolo di rivoluzione sociale».

Un’altra icona: «Rso amaro». Quel capolavoro di fine neorealismo, interpretato da Silvana Mangano, è stato raccontato da Giorgio Simonelli: «Una pellicola di denuncia sociale, nel quale la Mangano ebbe un ruolo da protagonista dopo averla spuntata su agguerrite concorrenti, come l’americana Doris Dowling che ci rimase un po’ male. Il set, alla Veneria di Lignana, fu realizzato su concessione dell’avvocato Gianni Agnelli, proprietario dell’azienda, dopo aver incontrato la Mangano».

Infine le canzoni della risaia, interpetata da Maria Grazia De Marchi con il suo gruppo.

La serata conclude una lunga cavalcata per la promozione del riso Made in Italy a Expo. Paolo Carrà, presidente riconfermato alla guida dell’Ente Nazionale Risi, ha tracciato il bilancio: 51 aziende partecipanti all’iniziativa, buyer provenienti da tutto il mondo, incrociati oltre mille operatori della comunicazione. L’obiettivo era quello del racconto del cereale in tutte le sue declinazioni e trasmettere un messaggio riassunto dal direttor dell’Ente, Roberto Magnaghi: «Presentare un piatto di riso è presentare l’eleganza sulla tavola».

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