Piemonte superstar per posti di lavoro nelle aziende agricole

di Gianfranco Quaglia

Basterebbe qualche indicatore per farci dire che il 2014 agricolo è un anno da archiviare il più in fretta possibile. Anche in Piemonte. Rispetto al 2013 la Plv (Produzione lorda vendibile) è arretrata del 9,2 per cento; -11% il settore del vino, cui si aggiungono le difficoltà del comparto frutta, bloccato dall’embargo russo e il calo della produzione del riso, dovuto alle condizioni meteo avverse.
Eppure, da questo quadro negativo emerge proprio il Piemonte con alcuni dati in controtendenza: nel 2014 l’agricoltura ha contribuito alla ripresa economica con un +4,12% di occupati, un indice quasi triplo nei confronti dell’andamento nazionale, salito all’1,5%. Presentando questo consuntivo, Roberto Moncalvo, presidente nazionale Coldiretti, ha sottolineato anche altri traguardi tutti di marca piemontese: le nuove imprese sono aumentate del 7 per cento, quelle al femminile del 5 e quelle composte da giovani dell’8. Il Pil agricolo rappresenta il 10% di quello nazionale: il prodotto interno lordo è pari al 2,4% di quello regionale, raggiungendo con l’agroalimentare il 5,3%.
Insomma, un record tutto subalpino sia nell’impiego di manodopera sia nelle startup che nascono in settori tradizionali e specifici, per esempio l’agriturismo. Ma il mondo dei campi ha un potenziale in parte inespresso, come sottolinea il direttore regionale Coldiretti, Antonio De Concilio: c’è ancora l’incapacità di tradurre sul territorio tutte le enormi possibilità di valore aggiunto, spesso trasferito altrove per la mancanza di una trasformazione strutturata, che potrebbe essere realizzata anche dalla produzione agricola organizzata, come le filiere: in questa direzione sta andando Coldiretti, che nel 2014 ha realizzato un valore annuo di 73 milioni di euro.
Ma la madre di tutte le battaglie si chiama etichetta, in altre parole la difesa dell’origine e la tracciabilità. «Inutile – dice Moncalvo – fare una campagna per i consumi se non esiste un’origine in etichetta, perché si rischia di fare una promozione per altri Paesi i cui prodotti sono insicuri. L’Italia è al primo posto nel mondo per sicurezza alimentare, cinque volte sotto la media europea per residui di fitofarmaci negli alimenti e 30 volte sotto la soglia degli altri Paesi».

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