Nei campi di riso un grande avvenire dietro le spalle

di Gianfranco Quaglia

«Un grande avvenire dietro le spalle». E’ il titolo di un famoso libro scritto da Vittorio Gassman, che aveva raccolto con entusiasmo il suggerimento di Carlo Mazzarella. Questo omaggio alla retrospettiva non fa rima con rottamazione, tanto in voga ai nostri giorni. Anzi è di attualità stretta nel mondo della risicoltura, dove pure si guarda al futuro, ma anche al passato per innovare. Prova ne sono due iniziative che fanno riflettere. La prima arriva dal Centro Ricerche Ente Risi di Castello d’Agogna (Pavia) dove esiste la banca del germoplasma, con circa 1300 varietà storiche, sia italiane sia staniere. Una cassaforte delle identità, alle quali si ricorre periodicamente per rinvigorire le varietà attuali o semplicemente mantenere in vita quei tesori che fecoro la fortuna economica dei nostri nonni.
Con l’istituzione del registro delle varietà da conservazione si è risvegliato l’interesse a riportare alla luce autentici gioielli dell’agricoltura. Merito anche di quegli agricoltori che non si sono arresi all’idea di rottamare i capisaldi. Prima è toccato al celebre Maratelli, adesso si stanno preparando per tornare sugli scaffali anche il Vialone Nero, il Bertone e il Chinese originario. Senza dimenticare il Gigante Vercelli, l’Americano, il Balocco, il Lencino, il Lomellino, il Nano o il Piemonte. Tutti progenitori delle nostre varietà da risotto più apprezzate e conosciute nel mondo: Arborio, Carnaroli, Vialone Nano.
Non è soltanto un omaggio al passato. Nelle cassaforti del germoplasma c’è un patrimonio cui si può attingere per rafforzare le linee attuali in produzione, che necessitano di essere corroborate per vincere sfide nuove contro gli attacchi parassitari e a favore di un’agricoltura sostenibile. E allora si ricorre al «breeding», agli incroci, così come avviene all’Unità per la risicoltura di Vercelli, diretta da Giampiero Valè, dove si studiano le vecchie varietà per l’identificazione dei caratteri utili. Trecento le varietà di cereale, comprese nell’arco di un secolo, di cui è stato risequenziato il loro Dna. Questa operazione ha portato a scoprire che esistono 52 mila differenze. Alcune possono essere associate alle varietà in campo, cioè le linee moderne, attraverso il trasferimento dei marcatori molecolari. La trasfusione permette di ottenere piante più resistenti e produttive.
Una bella lezione di scienza applicata all’agricoltura, ma anche la dimostrazione che il futuro a volte ce l’abbiamo a portata di mano. Basta voltarsi e afferrarlo.

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