Meno frutta e verdura nella dieta degli italiani: un calo del 18%

Meno frutta e verdura nella dieta degli italiani: un calo del 18%

fruttadi Enrico Villa

L’ortofrutta è un “tesoro” frequentemente trascurato, ultimamente con una ulteriore depressione dovuta a prezzi impennati al consumo, dovuti alla imprevedibile meteorologia. Una complicazione in più nel 2014 è venuta dalle sanzioni comminate dall’Unione Europea alla Federazione Russa, cliente importante dei nostri produttori dopo la caduta del muro di Berlino e rimescolamenti statali dell’originaria Unione Sovietica. Infatti, l’export italiano nella Federazione Russa è intorno al 2%. E secondo i calcoli il 25% circa è fatto di ortaggi e di frutta. Per oltre un ventennio le esportazioni hanno tirato, soprattutto favorite dallo sviluppo di Mosca che, a sua volta, ha risposto con altre sanzioni nei confronti dell’Unione Europea. Questa pesantezza negli scambi è oggetto di dibattito vivace degli operatori europei almeno per due motivi: la richiesta dell’abolizione delle sanzioni; e in Russia generi taroccati per sopperire alla mancanza di ortaggi in confezione, formaggi e vini provenienti dall’Occidente.

La rigidità degli anni di sanzioni sembrava esaurirsi nel dicembre 2016. Ma dalla UE il periodo delle sanzioni, con tutto quello che ne consegue, è stato prorogato fino al 31 luglio 2017. Le origini di questo nuovo provvedimento, che fra l’altro danneggia fortemente la ortofrutticoltura, vanno ricercati negli accordi di Minsk. Infatti, i sottoscrittori occidentali sostengono che gli accordi sarebbero stati rispettati soltanto in minima parte, con la Crimea (da un punto agroalimentare assai importante) per referendum andata alla Russia nonché la regione di confine con la Federazione Russa del Donbass ancora molto instabile e appartenente all’Ucraina, storicamente rilevante produttrice di grano. Avendo sullo sfondo queste cause geopolitiche e diplomatiche, Nomisma (società di studi economici di Bologna) tempo fa ha fatto uno studio puntuale sulla ortofrutta, allargandolo alle statistiche e ai comportamenti del consumatore medio italiano ed europeo. Una prima conclusione cui Nomisma è pervenuta è che da almeno un decennio i consumatori mangino meno ortaggi e frutta. In termini statistici, la produzione è finita nei mercati nella misura di meno 1,7 milioni di frutta e verdura, cioè con una flessione del 18% circa. In altri termini: ciascuno di noi ha rinunciato a meno 17 chili di frutta e verdura, cioè in media 1,5 chilogrammi pro capite. Questo significa che la nostra quota personale è di 130,6 chilogrammi all’anno, vale a dire 360 grammi al giorno di mele, pere, ortaggi in genere che continuano ad essere consigliati dalla dieta mediterranea . In realtà, la frutta si è attestata sull’85% circa, gli ortaggi sul 66,3%, la frutta in confezione intorno al 22% nonché gli ortaggi sfusi intorno al 20%. Fra i consumi, forse confermando abitudini culturali e tradizionali, svetta la Spagna con 179,4 chilogrammi pro capite, seguita da una pattuglia di consumatori inferiori rispetto all’Italia fra cui Francia (85,2), Gran Bretagna (99,6), Germania (104), Svizzera 106,5).

Nomisma si sofferma anche sulla popolazione più anziana, in genere pensionati e con minore potere d’acquisto e sui bambini e adolescenti che frequentano le mense scolastiche. Soffermandosi sui settantacinquenni, e dividendo i consumi fra frutta e verdura, la ricerca di Nomisma conclude che, mediamente, la popolazione assorbe almeno una porzione al giorno, tuttavia con una scala rovesciata: meno frutta e verdura per i quarantenni e cinquantenni, con evidente flessione fra i quindicenni nonché fra i bambini di sei anni e quelli fra i tre e i cinque anni. La constatazione sui giovani induce a una analisi sulle considerazioni seguenti: in generale, frutta e verdura sono salute a qualsiasi età; inoltre, il gradimento nei ragazzi e nelle mense scolastiche si accentua con minorenni che vivono in famiglie dove sia consolidata la tradizione di frutta e verdura e dove, per il consumo, sia forte l’esempio dei genitori. Nel secondo caso (genitori, più frutta e verdura) il grafico degli adolescenti salirebbe al 75%, mentre rimarrebbe al 54% dove i vegetali in famiglia non sono una abitudine. Nomisma si sofferma, inoltre, su aspetti educativi: secondo una istituzione inglese gli adolescenti con l’abitudine di stare a tavola con i genitori almeno una volta al giorno consumano di più frutta e verdura. E questo si traduce in maggiore stato di salute generale.

La filiera ortofrutticola italiana (450.000 aziende e circa 850.000 ettari) cui è fortemente interessato lo scioglimento del nodo intricato delle sanzioni Ue/Federazione Russa, devono anche tenere conto delle ricerche di Nomisma e delle Università italiane. In tutto, con una ricaduta sull’occupazione e sul paesaggio, la stessa filiera ortofrutticola rappresenta l’1% delle imprese agricole e il 7% della superficie agricola in cui annoverare anche una quota di coltivazioni biologiche. Le regioni più importanti sono Emilia, Marche, Puglia. Negli ultimi anni anche il Piemonte si sta imponendo. Inoltre, le superfici sementiere sono passate da circa 10.000 ettari a (dato 2014) circa 27.000 ettari, comprendendo le erbe aromatiche che sul mercato stanno andando per la maggiore.

 

You must be logged in to post a comment Login