Il futuro si chiama terra e l’agricoltura sarà bio. Parola di Jacques Attali

di Gianfranco Quaglia

Jacques Attali, il famoso economista francese già consigliere particolare di Mitterand, Sarkozy e mentore di Macron, non ha dubbi: il futuro si chiama terra, anzi agroalimentare. E scavando ancora di più non ha remore nel lanciarsi in una previsione, che delineata da uno come lui, racchiude tutto il sapore di una profezia: l’agricoltura di domani sarà bio, l’unica chiave per salvarci. Nel giro dei prossimi cinquant’anni l’evoluzione ci porterà a un’alimentazione vegetariana per tutti, anche perché non abbiamo abbastanza acqua per continuare a produrre con un’agricoltura tradizionale, quella che ci conduce a essere carnivori come lo siamo tuttora.

Lectio Magistralis di Attali, non pronunciata alla Sorbona, ma nell’aula magna dell’Università del Piemonte Orientale a Novara, tra i punti cardinali del triangolo della risicoltura europea, nell’ambito del Festival Tour Circonomia.

E per questo le sue parole assumono maggiormente il significato di un allarme o di un messaggio lanciato a chi produce, nei campi e nell’industria  di  trasformazione. Non c’è tempo da perdere – aggiunge lo studioso – e a chi gli fa osservare che per cambiare il sistema bisognerebbe chiedersi dove reperire le risorse, risponde secco: non aspettate a dire, bisogna fare.

Non risparmia critiche all’Italia per alcuni aspetti, primo fra tutti l’incapacità di guardare lontano: su lungimiranza e programmazione l’Osce ha stilato una classifica che colloca il nostro paese agli ultimi posti, preceduto soltanto da Turchia e Grecia. Ma  un elogio ci arriva per quanto riguarda l’arte del benessere e del buon vivere. Qui siamo noi i campioni, con l’esaltazione della lentezza e dello slow food inteso come stile di vita. “Italia e Francia – dice – in questo senso possono diventare modelli mondiali”.

Attali non teme i contraccolpi che potrebbero derivare dalla spinta della tecnologia estrema all’occupazione. “L’economia potrà svilupparsi se saremo in grado di redistribuire la ricchezza, soprattutto in Italia avete un patrimonio immobiliare enorme, bloccato. Per cambiare certamente occorre una volontà politica. Ma la ricchezza si costruisce anche con la formazione. Non esiste nulla più della formazione che possa portare ricchezza nel futuro”.

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