Il Ferragosto di Giulia. La signora che sfida il brusone con l’agricoltura 2.0

di Gianfranco Quaglia

Buon Ferragosto. Lo auguriamo a chi è partito e a coloro che, nei campi, sono rimasti a presidiare coltivazioni, allevamenti, cascinali. Ci piace augurarlo con Giulia Baldrighi, presidente di Fan (Fondazione agraria novarese), ente che gestisce il progetto di lotta al Brusone. L’estate di Giulia trascorre in risaia, dove svettano le spighe e la distesa ha assunto la cromacità classica del verde-giallognolo, quella che precede la raccolta. Giulia è una donna che come tutte le sue colleghe immerse in agricoltura crede fortemente in ciò che fa e persegue, impegnandosi nel difficile esercizio di coniugare passato, presente e futuro. La lotta al Brusone (o Pyricularia grisea), il fungo che attacca le pianticelle, le necrotizza sino a ridurre la produzione in campo, per Giulia rappresenta una sfida e un orgoglio, il coraggio di non arrendersi e trasmettere un messaggio di agricoltura sostenibile. Nei casi di infestazioni sarebbe molto più semplice ricorrere ai cosiddetti fitosanitari o agrofarmaci, in altre parole ai prodotti chimici e intervenire senza discriminazioni. Ma non è questo l’obiettivo. Il Progetto Brusone invece parte da altri concetti e arriva da lontano, da un modello matematico che Massimo Biloni, oggi direttore di Sa.Pi.Se. (Sardo piemontese sementi) anni fa ha sperimentato in una università olandese: incrociando i dati meteo con le rilevazioni in campo dei aptaspore che segnalano la presenza della diffusione del patogeno, si ottiene un quadro abbastanza attendibile dell’imminente rischio di propagazione. Sulla base di tutto ciò i segnali inviati via sms o mail, in collaborazione con l’Università di Pavia, i risicoltori hanno una percezione immediata della soglia di rischio e sanno quando, come e se devono intervenire con il prodotto antagonista, ma soltanto in modo mirato e misurato. Non è facile mantenere in vita un sistema così sofisticato e avanzato, al punto che quest’anno il Vercellese ha dovuto rinunciare al progetto per mancanza di sostegni. Giulia invece ci riesce, coinvolgendo la Fondazione Banca Popolare di Novara, che ha finanziato il progetto con l’acquisto e l’attivazione di due captaspore nella risaia novarese. Il terzo è stato messo a diposizione da un amico agricoltore, Andrea Vecco, che crede nella grande passione e pervicacia di Giulia. Per due mesi i segnali di Giulia hanno consentito agli agricoltori del suo territotrio di essere aggiornati due volte la settimana sull’evoluzione del fenomeno, la sua pericolosità. Un appuntamento quasi rituale, che mette insieme amore per la terra, rispetto per l’ambiente e il consumatore, con l’agricoltura 2.0.

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