Ceta, il trattato che fa emergere le nostre divisioni

di Gianfranco Quaglia

Si scrive Ceta, si traduce Comprehensive economic and trade agreement, trattato di libero scambio Europa-Canada. Ma in realtà si legge scontro che divide imprenditori, organizzazioni agricole, Governo. Mai così divisivo è stato un accordo siglato in via provvisoria lo scorso anno tra Ue e Paese canadese, e ora in attesa di ratifica da parte dei paesi membri, tanto che il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio ha minacciato di rimuovere i funzionari che volessero applicarlo. Situazione senza precedenti, considerando che per alcuni attori della filiera agroalimentare il Ceta è un toccasana, per altri un rischio catastrofico. Il punto di contrasto è rappresentato dall’azzeramento dei dazi doganali e dal riconoscimento delle denominazioni d’origine. I fautori (Confagricoltura, Cia, Confindustria) sostengono che il trattato non solo tutela il Made in Italy, ma ha incrementato l’esportazione dei nostri prodotti verso il Canada nei primi mesi del 2018. In Piemonte – secondo il presidente di Confagricoltura Enrico Alasia – l’abbattimento dei dazi doganali e il riconoscimento delle denominazioni d’origine non potranno che ampliare il nostro export, in particolare di formaggi. E in proposito concorda il Consorzio di tutela del Gorgonzola, uno dei prodotti lattiero-caseari più importanti. Di diverso avviso Coldiretti: in provincia di Novara, patria riconosciuta della produzione dell’erborinato Dop, la presidente Sara Baudo interviene sostenendo che l’Ue legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dell’Italia e in pericolo sarebbe anche il gorgonzola. Contrari alla ratifica di questo trattato – ricorda la presidente – sono già 15 regioni, 18 province, 2500 comuni e 90 consorzi di tutela.

Difficile, per chi è avulso da queste diatribe, esprimere un giudizio. Il Ceta resta un rompicapo che invece di unire gli sforzi di tutto il mondo agroalimentare li frantuma e li contrappone. Questa è l’estate dei dazi, dei muri e delle aperture, di accordi firmati e rimangiati nel giro di pochi minuti. A prevalere sono sempre gli interessi di parte e di ciascuno. L’ultimo trattato di libero scambio firmato, il Jefta (Japan-Ue free trade agreement) tra Ue e Giappone, che elimina il 90 per cento dei dazi, sulla carta prevede vantaggi per l’Italia, che dovrebbe esportare i suoi prodotti agricoli (ad esclusione del riso) nel Sol Levante, dove il Made in Italy gode di altissimo apprezzamento.

 

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