Vietnam-Cambogia-Ue un maledetto triangolo che deprime il nostro riso

di Gianfranco Quaglia

Ora non esistono più dubbi sulla illegittimità dei benefici concessi dalla Commissione europea alla Cambogia, considerato Paese meno avanzato, che fruisce del diritto di esportare il riso a dazio zero, con l’intenzione di favorire le miserrime condizioni dei contadini. La realtà è ben diversa in quel Paese, che rientra nella lista degli Eba (everything but arms, cioè possibilità di esportare tutto tranne le armi). Laggiù avviene di tutto: utilizzo di marchi falsi, manipolazione dei prezzi, conflitti di interesse nel consiglio nella Federazione riso cambogiano, landgrabbing (accaparramento delle terre a scapito degli agricoltori). Infine contrabbando di riso lavorato in Vietnam, destinato poi alla riesportazione verso Paesi Terzi, ovviamente anche in Europa. In altre parole: il fenomeno della classica triangolazione commerciale, che aggira i controlli.

Lo scandalo è stato denunciato prima dalla Federazione del riso cambogiano, poi ripreso dal sito statunitense www.voanewes.com e conferma ciò che da tempo l’Italia dice a Bruxelles, cioè l’invito a sospendere il benefit concesso perché è doppiamente negativo: le facilitazioni daziarie non arrivano ai risicoltori cambogiani e al tempo stesso deprimono il mercato europeo, penalizzando fortemente l’Italia. Paolo Carrà, presidente Ente Nazionale Risi, è intervenuto ufficialmente sostenendo che alla luce di queste informazioni la Commissione europea dovrebbe ripristinare subito i normali dazi alle importazioni di riso proveniente dalla Cambogia e denuncia l’immobilismo di Bruxelles: “Mentre noi lavoriamo a testa bassa affinché vengano superate le osservazioni talvolta pretestuose avanzate dai servizi della Commissione, gli stessi cambogiani ammettono di avere un problema di accaparramento di terre a danno degli agricoltori e di contrabbando di riso vietnamita spacciato come prodotto cambogiano. Il tutto confermando quanto emerso nel report pubblicato dalla società Development Solutions per conto della stessa Commissione europea”.

Ma che cosa si aspetta ancora per intervenire?

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