Una bufala in risaia: lo spreco dell’acqua

di Gianfranco Quaglia

Viviamo nell’epoca delle fake news, le notizie false, della post verità più credibile della verità stessa. Della over the top, ossia dell’esagerazione. Delle bufale, in altre parole delle bugie che superano il senso critico e sono accettate come riferimento incontestabile. Insomma, è difficile distinguere il fasullo dall’autentico. Non solo in politica, ma anche nella vita quotidiana, soprattutto sul web, tanto che anche in Italia è stata presentata una proposta di legge contro le bufale, quelle che corrono in rete, con tanto di sanzioni pecuniarie.

E a proposito di bufale, un mantra che circola ormai da anni nel settore agroalimentare riguarda l’utilizzo delle risorse idriche. In Piemonte e Lombardia, fra pochi giorni, si assisterà alla sommersione delle risaie e si riaccenderà il dibattito sull’uso e lo spreco dell’acqua per coltivare il riso sia in sommersione tradizionale sia in asciutta con le successive bagnature. Il tema delle fake news sulle risorse idriche in agricoltura è stato sollevato con forza da Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale dei consorzi di gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue (Anbi) intervenuto nel Veronese alla cerimonia per l’avvio della stagione dell’irrigazione. “Nel tempo dele bufale mediatiche – ha detto -. non si può accettare il confronto a partire dall’affermazione che l’agricoltura consumi troppa acqua. Innanzitutto non è vero e poi nei campi la risorsa idrica è usata, non consumata. Infine la percentuale va contestualizzata calcolando i beneifci sociali e ambientali arrecati, come sta facendo uno studio dell’Università di Padova che offre un’interpretazione più completa del concetto di impronta idrica”.

Insomma, la water footprint non è una parola cattiva, neppure una bufala, ma una risorsa. <<Bisogna fare lobby con gli altri Paesi dell’agricoltura mediterranea – conclude Vincenzi – perché la sfida non è usare meno acqua, ma ottimizzarne l’utilizzo per ampliare le aree irrigate. Ciò significa non solo qualità alimentare, ma anche ambiente, economia e occupazione>>.

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