Si chiama Ttip si legge pericolo per il nostro riso

di Gianfranco Quaglia

Non bastavano la Cambogia e il Myanmar che continuano a esportare riso a dazio zero nell’area comunitaria. Un flusso inarrestabile, di decine di migliaia di tonnellate in piccole e medie confezioni che invadono i mercati europei, mettendo a rischio la risicoltura di casa nostra, tanto che il dossier italiano, pronto per supportare la richiesta di applicazione della clausola di salvaguardia, prevede tinte fosche per la risicoltura made in Italy: una contrazione della superficie, a partire dalla prossima primavera, con ripercussioni economiche, sociali e ambientali. Ecco, tutto ciò sembra ancora poco per convincere Bruxelles a intervenire. Perché all’orizzonte si addensano altri pericoli, uno in particolare, riunito sotto l’acronimo di TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), il grande accordo sul comemrcio che ha come protagonisti l’Europa e gli Stati Uniti d’America. Proprio in questo ambito il riso europeo (quindi anche quello italiano) potebbe diventare merce di scambio per ottenere altri risultati. Il presidente dell’Ente Nazionale Risi, Paolo Carrà, ne è convinto: «Abbiamo forti timori per le concessioni che potrebbero essere accordate non solo agli Usa, ma anche a Vietnam e India, competitor agguerriti e privilegiati». Che il riso sia considerato una «commodity» è noto da tempo, ma nessuno si augurava che diventasse una moneta scambiabile per ottenere altri risultati commerciali. Così avviene con alcuni PMA (Paesi meno avanzati) che rientrano in EBA (Everything but arms), i quali possono esportare a tariffe azzerate tutto ciò che non sia armi. Apparentemente per favorire la ripresa di questi Paesi, in realtà accade che la disponibilità liquida finanziaria derivata dalla vendita del riso asiatico serva agli stessi Paesi per acquistare tecnologia da alcuni Paesi dell’Ue. Insomma, quasi una partita di giro che alla fine va a penalizzare i produttori europei, in particolare quelli italiani. Non solo: proprio in quesi Paesi «svantaggiati» sono stati realizzati centri di raffinazione per il riso da multinazionali non locali.
Il timore è che gli accordi TTIP possano ingigantire queste modalità. Intanto si sta stilando un primo bilancio della campagna risicola 2014, influenzata dalle condizioni meteo: nelle province di Novara e Vercelli una riduzione del 10-15%, del 30% nella Baraggia, di un 15% nel Pavese dovuto agli attacchi di brusone.

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