Riso italiano eccellenza, non commodity

Riso italiano eccellenza, non commodity

Giacosa1Giacosa3Giacosa4“Il riso italiano: un’eccellenza, non una commodity”. Era il titolo del convegno scientifico organizzato da Ente Nazionale Risi al Centro Ricerche, quasi un prologo di quello che il giorno dopo sarebbe stato l’evento di ”Risò” a Vercelli. Sono emersi spunti e indicazioni che tracciano il futuro e il cammino del cereale made in Italy. Una strada aperta, con enormi potenzialità, ma ancora tutta da esplorare. “perché – come ha sottolineato il professor Attilio Giacosa,  gastroenterologo Università di Genova – il mondo del riso è ancora molto statico”. Insomma, più dinamismo. Rivolgendosi alla sala gremita: “Dovete produrre riso di qualità per la salute della gente, attivare una joint venture tra agricoltori e istituti di ricerca”. E cita l’esempio del Barolo: “Una case history, frutto di un progetto basato sulla salute”. Così anche il riso diventa un caso “per un invecchiamento in salute. Almeno 12 milioni di italiani dovrebbero consumarlo ogni giorno”. Mariangela Rondanelli, docente in scienze e tecniche dietetiche alla Facoltà di Mdicina dell’Università di Pavia, autrice con il Centro Ricerche di uno studio sull’indice glicemico del riso, ricorda che esistono molte varietà con un basso indice. E Domenicantonio Galatà, biologo nutrizionista, sottolinea come il “riso può essere la stoccata vincente di una dieta nutriente. E’ il carboidrato più buono e che in 100 grammi di riso è contenuto un bicchiere d’acqua”. Poi Filip Haxhari, responsabile del settore miglioramento genetico del Centro Ricerche, ripercorre il cammino del riso, arrivato sino a noi dal Sudest asiatico. “Dall’Oriente ci mandavano varietà di scorta, ritenute difettose perché i chicchi avevano la perla. Da noi quella caratteristica si è trasformata ina una identità locale genetica, che manifesta maggiore possibilità di assorbimento”. E durante il lungo percorso – ha ricordato Haxhari – “il riso scese dalle tavole dei signori per diventare alimento popolare”.

Popolare ma di eccellenza. Come il Carnaroli, di cui quest’anno si celebra l’ottantesimo anniversario. E il ricercatore fa luce nel mistero della denominazione: “Le ricerche ci dicono che il nome è da attribuirsi a Carnaroli, quando si decise di intitolare quella varietà nata dall’incrocio tra Vialone e Lencino al commissario di Ente Nazionale Risi”.

E il futuro? Per Natalia Bobba, presidente di Ente Risi, “c’è da lavorare molto ancora sulla promozione. Insistere per far conoscere il cereale tra i consumatori. Sulle etichette delle confezioni, ad esempio, le etichette sono troppo piccole da leggere”.

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