L’inutile salvadanaio dell’acqua piovana

di Gianfranco Quaglia

Nell’anno bisestile 2024 il tema non è l’acqua che manca, come accadde nel 2023 e nel 2022.
Al contrario: è l’acqua che si disperde. Come dire: un altro anno dalle mani bucate. Le piogge,
ritardando le semine in risaia, hanno alimentato soltanto in parte la falda; in realtà milioni di
metri cubi finiscono nei fiumi e al mare. Questa l’amara constatazione, rimbalzata in uno dei
luoghi simbolo della distribuzione idrica: la ex centrale di sollevamento del canale Lanza, sala
“Le turbine”, a Casale Monferrato (AL), dove si è parlato di cambiamenti climatici e agricoltura.
E sono bastate poche, ma precise parole, per inquadrare l’amaro stato dell’arte. Vittorio Viora,
presidente Anbi (Associazione consorzi di bonifica) del Piemonte e vicepresidente nazionale, è
stato lapidario: “In Italia si stocca soltanto l’11 per cento dell’acqua piovana, contro il 34%
della Spagna”. Un “leit motiv” reiterato, che si scontra con le promesse. Non vanno oltre. Gli
fanno eco Enrico Allasia, Cristina Brizzolari e Gabriele Carenini, presidenti piemontesi di
Confagricoltura, Coldiretti e Cia. Tutti d’accordo: “Prima o poi qualcosa occorre fare, cioè
partire con la costruzione degli invasi, spendere le risorse che abbiamo a disposizione, anche
per utilizzare le acque reflue”.
Paolo Cumino, dell’assessorato agricoltura Regione Piemonte, disegna un quadro futuribile:
“Un calcolo ottimistico porterebbe a dire che un adeguamento parziale dello stoccaggio
regionale di acqua a scopo irriguo potrebbe richiedere un investimento non inferiore all’intera
produzione agricola piemontese, cioè 5,5 miliardi di euro”. Utopia? Su questo punto si apre il
dibattito. E l’assessore regionale all’agricoltura del Piemonte, Marco Protopapa, ricorda che
questo deve essere il momento del buonsenso. In altre parole: in attesa di una soluzione
radicale del problema attraverso la realizzazione dei bacini, occorre imparare dai nostri nonni,
che centellinavo le risorse e riutilizzavano l’acqua. Accanto alle buone pratiche, anche la
scienza, come sottolineato da Ilaria Butera, del Politecnico di Torino, che ha illustrato il
progetto “Mount Resilience”, uno studio per la conservazione delle acque, definite
giustamente “salvadanaio sotterraneo”.

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