L’industria chiede la risaia extralarge

di Gianfranco Quaglia

Quota 250 mila ettari. E’ il traguardo che l’industria del riso si pone per il 2022. E’ anche l’invito rivolto agli agricoltori per soddisfare le richieste di un mercato in espansione. “Servono 23 mila ettari in più di superficie” dice Mario Francese, presidente di Airi, l’Associazione industrie risiere italiane. E aggiunge: “Anche se non consideriamo il forte aumento di consumi determinatosi nella campagna 2019-2020 per effetto della pandemia che ha spinto i consumatori verso un accaparramento di prodotti alimentari a lunga conservazione,  l’ultima campagna conferma la tendenza all’aumento dei consumi dell’ultimo decennio, nell’ordine del 10 per cento nell’UE e in Italia addirittura superiore al 20%”.

Una situazione in controtendenza rispetto al consumo pro capite di fine ‘900 e inizio Terzo Millennio. Le ragioni sono più d’una: i crescenti flussi migratori; la diffusione della cucina etnica, con particolare riferimento al sushi; l’aumento della domanda di prodotti derivanti dal cereale; l’industria alimentare che sempre più utilizza il riso come ingrediente per altri prodotti alimentari. L’incremento della superficie si avvicinerebbe a quella già raggiunta nel 2010. Nel dettaglio: il tondo da 58 mila a 65 mila ettari; loto, ariete e similari da 29 mila a 36 mila; il Carnaroli da 19.500 a 21 mila. Invariata la quota del cereale per risotti (64 mila ha). Varie medio e lungo A: da 10.969 ettari a 12 mila. Un’indicazione per il lungo B: da 49 mila a 59 mila ha.

Francese analizza anche la situazione di mercato in Europa: 2,5 milioni di tonnellate il consumo di cui il 60 per cento tipo Indica (varietà con chicco lungo e cristallino), un milione di tonnellate lo Japonica (risotti). Ancora: 1,3 milioni è prodotto in UE; il resto viene importato. Per quanto riguarda l’Indica l’Italia riesce a soddisfare le richieste soltanto per il 14 per cento e da qui l’invito a estendere la superficie a queste varietà. L’incremento dell’ettarato consentirebbe alla nostra industria di trasformazione di disporre di 100 mila tonnellate in più da immettere sul mercato. Viceversa – prevede il presidente di Airi – sarà il riso da import a mantenere gli spazi. Questo scenario potrebbe avverarsi anche nel momento in cui verrebbe a mancare la clausola di salvaguardia in scadenza a gennaio 2020, lo scudo che impediva al cereale del Sudest asiatico di sbarcare in Europa a prezzi concorrenziali e a dazio zero. Ai timori dei risicoltori secondo cui un incremento della produzione potrebbe portare alla diminuzione delle quotazioni, Francese risponde: “Spero che il messaggio di Airi possa essere accolto in maniera positiva, l’industria pagherà prezzi adeguati”. Ma dove trovare nuovi spazi per una “risaia extralarge”? Secondo l’industria ci sarebbero ancora aree vicine a quelle del cosiddetto triangolo d’oro della risicoltura italiana (Vercelli-Novara-Pavia) in grado di rispondere alle richieste: nel Milanese e nel Lodigiano, ad esempio. Insomma, i margini ci sarebbero tutti. Si vedrà nelle prossime settimane quali saranno le indicazioni di semina degli agricoltori.

 

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