La voce delle donne unite per governare l’acqua che dà e toglie

di Gianfranco Quaglia

Dopo la lunga siccità e l’alluvione che ha colpito la Romagna il grande rischio è che la cicala prevalga sulla formica. Traduzione: l’estate farà dimenticare per l’ennesima volta l’urgenza di intervenire? Se lo chiedono in molti, primo fra tutti Francesco Vincenzi, presidente di Anbi (l’associazione che riunisce i consorzi di bonifica). Ma se lo chiedono anche le associazioni di imprese femminili di Confagricoltura, che hanno organizzato a Roma il convegno “Le donne unite per l’acqua”, sfociato in un documento-manifesto da presentare alle istituzioni. Le imprese femminili attive in agricoltura sono 256.815. Quelle impegnate nelle società di capitali e di persone rappresentano il 28,2% del totale, nella fascia di età 18-29 anni raggiungono il 33,76%. Il 31,5% dei capi azienda è donna, percentuale più alta (40%) di imprenditrici agricole è in Molise. Complessivamente l’universo femminile produce il 28% del Pil agricolo.

Cifre che dicono come la donna nei campi abbia voce in capitolo. E si è fatta sentire, con proposte e determinazione, nella capitale. Dove si sono uniti i gruppi di Donne & Riso, Donne dell’olio, le donne dell’Ortofrutta e le Donne del Vino, tutte facenti capo a Confagri. Quattro settori cardine. “Vogliamo fare quadrato e affrontare il problema dei cambiamenti climatici, siccità e alluvioni sono la faccia della stessa medaglia” ha detto Alessandra Oddi Baglioni, presidente di Confagricoltura Donna. In particolare il punto di vista della risaia è arrivato da Natalia Bobba, di Vinzaglio (Novara), presidente di “Dionne & Riso”, l’associazione che riunisce imprenditrici e operatrici del comparto che comprende quasi 4 mila aziende, di cui il 20 per cento guidata da mano femminile: figlie e mogli che hanno scelto di dedicarsi a questa attività. “la risicoltura italiana è la prima in Europa con circa il 55% per cento di produzione, 10 mila gli addetti, quasi tutti concentrati in Piemonte e Lombardia. Noi ci battiamo affinché la promozione del prodotto sia anche il traino per il territorio di riferimento, e viceversa. Ma a Roma ho voluto ricordare che per mantenere l’uno e l’altro sono indispensabili alcuni capisaldi: la pulizia degli alvei fluviali e tutti gli altri corsi d’acqua; abbattere la burocrazia che impedisce di ottenere le autorizzazioni, senza peraltro venire meno ai controlli; mettere a terra i progetti che languono nei cassetti. Inoltre: utilizzo del materiale che deriva dalla pulizia degli alvei in nome dell’economia circolare; realizzazione dei bacini per conservare l’acqua piovana. Infine, ma non ultimo, maggior coinvolgimento e compartecipazione del settore agricolo da parte della politica nelle fasi decisioni dei progetti. Insomma, si prenda coscienza che l’acqua dà e toglie. Non è un problema dell’acqua, ma della malagestione da parte dell’uomo”.

 

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