Il riso rialza la testa, chiede uno «scudo» all’Ue e si fa largo a Expo

di Gianfranco Quaglia

Attaccato da Est, scarsamente supportato al Nord. E da Sud e Ovest non è che arrivino complimenti. Anzi, pochi salamelecchi che possono essere tradotti così: il vostro riso è il migliore del mondo, siamo pronti ad acquistarlo quando ne abbiamo bisogno, altrimenti state buoni buoni perché dobbiamo mandare in Europa il nostro prodotto. Così, più o meno, può essere tradotta la condizione della risicoltura italiana che (scoraggiata dalla concorrenza) nel 2014 ha ridotto la superficie e sicuramente subirà un altro taglio nel 2015. Botte su botte, verrebbe da dire. Ma il settore ha deciso di rialzare la testa. Lo ha fatto nel cuore dell’estate con le manifestazioni di protesta nelle città del riso e a Torino, Milano, Venezia, Roma, contro le importazioni a dazio zero provenienti da Cambogia e Myanmar. Ora si muove in due direzioni: presentando la richiesta di applicazione della clausola di salvaguardia e con la partecipazione a Expo 2015. Il primo obiettivo, se venisse recepito dall’Ue, bloccherebbe di fatto l’invasione della «valanga cambogiana» che mette in ginocchio le nostre aziende. Dapprima Bruxelles aveva tergiversato, richiedendo un approfondimento del dossier che contenesse e spiegasse le ragioni di richiesta del provvedimento, il quale ripristinerebbe i dazi all’import annullando la «tax free» concessa ai paesi meno avanzati. Ora il Governo italiano ha nuovamente inviato la richiesta, rivista, di adozione dello «scudo». Il viceministro dello Sviluppo economico con delega al commercio estero, Carlo Calenda, commenta: «L’aumento anomalo delle importazioni sta riducendo i prezzi del mercato del riso prodotto nell’Ue. I principali paesi acquirenti del riso cambogiano sono proprio quei paesi dove si sono registrate le riduzioni più consistenti delle consegne italiane: Francia, Polonia, Olanda e Belgio».
Il secondo passo si chiama Expo 2015. Qui l’Italia gioca tutte le sue carte proponendo cultura, coltura e storia del riso made in Italy. E non lo farà nel cluster dedicato al prodotto, perché ci saranno anche quei paesi nostri diretti competitor. L’Ente Nazionale Risi, presieduta da Paolo Carrà, ha deciso di partecipare all’iniziativa di Federalimentare: in quel grande padiglione Italia farà squadra con le Camere di Commercio di Vercelli, Novara, Pavia, Alessandria, Mantova, Verona, Oristano. Ci saranno un percorso dedicato alla storia del chicco, una minirisaia ed eventi gastronomici.

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