Giulia: “Ho scelto di fare la mungitrice, anzi la tecnica di stalla”

Giulia: “Ho scelto di fare la mungitrice, anzi la tecnica di stalla”

mungitrice5mungitrice6mungitrice2di Gianfranco Quaglia

Vent’anni, un diploma di perito agrario e i sogni di una ragazza della sua età. E tanto per dimostrare a sé stessa e agli altri che la Generazione Z, cui appartiene, Giulia Baisotti mungitrice3è dotata di idee chiare, ha scelto senza esitazioni il suo futuro: mungitrice. Professione controcorrente, ne è consapevole, ma lei è felice della scelta. E determinata.

Azienda agricola dei conti Cicogna Mozzoni, Terdobbiate, Bassa novarese. Giuseppe Cicogna e il figlio Leopoldo, i titolari di questa realtà zootecnica-cerealicola che ha avuto, anni fa, uno dei punti di riferimento in Alessandro Cicogna, il Conte per antonomasia esponente del casato lombardo, ai vertici nazionali della zootecnia italiana. La tradizione è proseguita: risaia, ma soprattutto la grande passione per l’allevamento dei bovini, con la razza Frisona prodiga di latte. “Mio nonno fu tra i primi a introdurre la fecondazione artificiale – racconta Leopoldo, oggi presidente della Fondazione Agraria Novarese – . Migliorò la genetica portando in azienda anche seme canadese e americano”.

Stalla di medie dimensioni (una novantina di vacche in lattazione, oltre a 115 manze). In questo mondo chiazzato dal mantello bianconero delle “Frisone” Giulia ha trovato la sua dimensione e si muove a proprio agio. E’ figlia d’arte, perché il mestiere di mungitrice in realtà l’aveva cominciato mamma Marisa, una ventina d’anni or sono: “Mai avrei pensato di trasmetterlo a mia figlia”. Invece è accaduto. Dopo una breve esperienza lavorativa a termine in una struttura di confezionamento del salmone a Borgolavezzaro, poco lontano d qui, dove il pesce arriva dai paesi scandinavi per essere poi immesso sul mercato italiano. Accade che la famiglia Cicogna vuole dare una svolta tecnologica e digitale a tutta l’azienda, introducendo la robotizzazione nella stalla. Non più (e non solo) le capaci mani di mamma Marisa che sanno spremere le mammelle delle mucche, ma il robot, per ridurre tempi e fatica umana. E così è la macchina che prende in consegna e si occupa della lattifera. Ma il tutto deve essere accudito (mucca e robot) dall’umano, che governa l’operazione con la passione e la competenza. Serve chi se ne intende e ha maturato nuove esperienze digitali sui banchi di scuola. La mamma: “Tutte le notti dovevo alzarmi alle 3,30 e andare in stalla, poi mungere a una a una le vacche. Ora tutto è cambiato”.

Quando i Cicogna hanno lanciato l’idea, Giulia ha colto al volo la nuova proposta. Contratto di lavoro regolare e a tempo indeterminato, professione “mungitore”, definizione forse un po’ superata dalla realtà. La neo-mungitrice in realtà segue il lavoro del robot che sostituisce la manualità, con le tettarelle che si appoggiano ai capezzoli delle mammelle e spremono il latte. Ogni mucca è monitorata attraverso sensori che inviano in tempo reale il processo di mungitura a un terminale nella sala di controllo: sul display Giulia segue l’evolversi del procedimento, quanto latte viene munto ((in media 33,3 litri al giorno da ogni mucca), ma anche lo stato di salute dell’animale, la nutrizione, la dieta personalizzata e il suo standard di ruminazione, il periodo del calore propizio alla fecondazione, che avviene attraverso quella artificiale ma anche con un toro vero, di riserva. Il personal computer è l’anima del funzionamento di tutta la stalla: le condizioni di salute variano da Frisona a Frisona e di queste oscillazioni personalizzate bisogna tenere conto, al punto che il pc indica anche le razioni dell’unifeed (il mangime preparato secondo la prescrizione del nutrizionista).

Mamma Marisa interviene con l’esperienza di chi conosce a una a una le sue mucche; la figlia ha ereditato la passione, che unisce alla tecnologia. Forse è per questo che la definizione di “mungitrice” le va un po’ stretta e preferirebbe essere definita “tecnica di stalla”. Una tecnica che accarezza a una a una le mucche, le chiama per nome, prima di avviarle alla sala mungitura. “Il passaggio dalla manualità al robot non è stato sempre facile per tutte. – osserva- Ho notato una differenza tra le vecchie e le nuove: le prime all’inizio erano le più diffidenti e riottose. Le altre, che non avevano mai provato le mani, si sono subito adattate a quelle meccaniche. Come dire: anch’esse appartengono alla nuova generazione e sono

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