E’ una storia di ricercatori e agricoltori visionari quella rievocata al Crea (Centro di ricerca cerealicoltura) di Vercelli. Che affonda le radici nel 1925, quando l’ingegner Giovanni Sampietro, dopo una missione in Estremo Oriente (in particolare in Giappone) tornò entusiasta e ricco di prospettive per la risicoltura italiana. Forte di quanto aveva appreso e visto, Sampietro mise a punto il primo incrocio tra due varietà di riso: un’operazione che diede inizio a una svolta per la risicoltura italiana. A distanza di un secolo quell’episodio è stato al centro di uno dei convegni che si sono svolti al centro vercellese dove la nipote del ricercatore, Myriam, ha donato la riproduzione di una stampa del pittore Gazzone che raffigura il volto del nonno. Un’immagine evocativa di una figura che ha segnato un cambio di passo del settore riso Made in Italy. E a quel traguardo Sampietro arrivò dopo molta fatica e perseveranza, come ha rievocato Giuseppino Innocenti, raccontando anche alcuni aneddoti maturati in quel contesto storico, auspice il Canale di Suez che aveva favorito l’arrivo delle navi dal Sudest asiatico (senza circumnavigare l’Africa) che esportavano verso l’Europa cereale a prezzo concorrenziale. Per controbattere a quella situazione occorreva rafforzare la risicoltura italiana con nuove linee produttive, in grado anche di limitare gli attacchi del cosiddetto “brusone”. Sampietro attinse all’esperienza maturata in Oriente per raggiungere lo scopo e ci riuscì – ha raccontato Innocenti – anche grazie alla collaborazione di due fedelissime e giovani collaboratrici, Maria e Ida Venesio, che lo affiancavano nel difficile lavoro di ricerca. Era ogni giorno un “taglia e cuci”, maneggiando le forbicine come un chirurgo, attorno a due varietà scelte per l’ibridazione: il Nano e il Vialone. Con una difficoltà: l’ingegner Sampietro, di stazza robusta, aveva anche le dita delle mani che non erano proprio minute, e questo particolare rendeva difficoltosa quella operazione manuale di “microchirurgia” botanica. C’era sintonia tra Sampietro e le due ragazze, alle quali si rivolgeva facendo sempre precedere al loro nome l’appellativo “signorina”. Fu Maria che si rivolse al ricercatore: “Professore, posso provare io? Ho visto come faceva…”. Lui lasciò fare e la signorina Maria iniziò a tagliare le antere, le porzioni terminali degli stami. Alla fine l’operazione fu terminata con successo. Era stato raggiunto il primo incrocio di riso in Italia.
Un racconto che ha suscitato emozioni, perché evocativo e a testimonianza di un’era di grandi visioni. Questo era anche lo scopo della due-giorni che si è svolta al Crea, coordinata da Patrizia Vaccino e introdotta da Nicola Pecchioni. Attorno a Sua Maesta il riso si sono alternati molti relatori, a partire dalla presidente di Ente Nazionale Risi, Natalia Bobba. Poi Giuseppe Sarasso, che ha parlato delle tappe fondamentali dell’ibridazione; Domenico Marchetti che ha ripercorso l’esperienza del discendente del Rosa Marchetti e dell’Arborio. Nella seconda giornata sono intervenuti Vittorina Maratelli, imprenditrice agricola e discendente dello scopritore Riso Maratelli (1914); Valentina Masotti che ha parlato di comunicazione territoriale; Gabriele Varalda, responsabile biodiversità della condotta Slow Food di Vercelli. Sull’innovazione agronomica ancora Patrizia Vaccino, nel ruolo di responsabile della sede vercellese Crea; il genetista Eugenio Gentinetta; Gabriele Orasen, ricercatore della Bertone sementi. Sulle sfide e la risicoltura del nuovo millennio: Cinzia Mainini (Università Piemonte Orientale); Michela Martinotti, agronoma e genetista della Lugano Leonardo; Stefano Conti, responsabile sezione cereali e foraggere; Massimo Biloni, agronomo e genetista Ires. Sono intervenuti anche Cristina Brizzolari, presidente di Coldiretti Piemonte; Manrico Brustia, responsabile settore riso di Cia; Paolo Carrà, presidente della sezione Vercelli-Biella della Federazione italiana dottori in scienze agrarie e forestali; Maria Cristina Stangalini, assessore commercio, artigianato, industria e agricoltura del Comune di Novara. E’ stata ricordata la figura di Antonio Finassi, agronomo vercellese scomparso rcentemente.
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