Guerra delle bollicine. La Cina sentenzia “Ha ragione l’Italia”

di Gianfranco Quaglia

Le rinunce e le disdette di prenotazioni nei ristoranti e negli agriturismi del 2021 non hanno frenato l’esplosione delle bollicine. Chi ha evitato i locali non ha voluto privarsi di uno spumante, quasi sempre rigorosamente italiano. In particolare è stato il Prosecco a dettare legge, in Italia e all’estero. Il vino dell’Est tira la volata, con un fatturato export che supera i 50 miliardi di euro. Ma è anche al centro dell’attacco che arriva dalla Croazia, che punta al riconoscimento del suo Prosek. Una battaglia condotta a Bruxelles e che mina la denominazione del Made in Italy. Nel frattempo il Consorzio di tutela è riuscito far valere le proprie ragioni in un’altra disputa: il riconoscimento del marchio Prosecco in Cina. Contesa non facile, durata sette anni, dal giorno in cui (siamo nel 2014) era stato depositato nella Repubblica Cinese il marchio collettivo. Dopo quel passaggio il Consorzio aveva ricevuto l’opposizione da parte dei produttori di vino australiano, volta a ostacolare la protezione dell’indicazione geografica made in Italy, impedendone la registrazione. l’ufficio marchi cinese invece ha rigettato l’opposizione australiana decidendo che il marchio – essendo un’indicazione geografica – è idoneo a svolgere la funzione di marchio per distinguere l’origine dei prodotti. Un successo importante, anche se si considera il ruolo strategico del mercato cinese. E che rappresenta un precedente significativo nella guerra delle bollicine combattuta a livello planetario.

 

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